Controlli e liti

Redditometro con la prova documentale

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di Roberto Bianchi

In merito al gravame, attribuito al contribuente, di avvalorare documentalmente il fatto per il quale il maggior reddito stabilito sinteticamente è costituito da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, l’articolo 38 del Dpr 600/1973 reclama un quid pluris rispetto alla dimostrazione della mera disponibilità di redditi aggiuntivi e, pertanto, la prova documentale afferente a contingenze, anche puramente indicative, della circostanza per la quale tali redditi sono stati effettivamente generati.

È questa la maniera in cui deve essere parafrasato il circostanziato richiamo alla prova risultante da documentazione confacente, della consistenza di tali redditi aggiuntivi e del periodo di loro fruizione, dimostrazione che ha la scopo di vincolare a elementi concreti, quantitativi e temporali, l’utilizzabilità dei richiamati redditi, per permettere l’imputabilità della superiore capacità contributiva, accertata sinteticamente in riferimento al contribuente, a tali proventi.

Tuttavia, la consistenza e la durata della disponibilità dei menzionati redditi rappresentano situazioni rivelatrici del fatto che la spesa confutata sia stata fronteggiata con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, in grado di superare la presunzione scaturente dall’accertamento redditometrico, nella versione normativamente rilevante nell’ottica del giudizio, non essendo possibile richiedere l’argomentazione del nesso di causalità fra il possesso delle disponibilità del soggetto e il sostentamento delle spese evidenziate dall’agenzia delle Entrate (Cassazione, sentenza 27069/2016).
A stabilirlo è l’ordinanza 15454/2017 della Corte di Cassazione.

In merito alla fattispecie relativa all’accertamento sintetico del reddito per l’anno 2008, la Ctr di Ancona ha accolto solo parzialmente l’appello del contribuente, respingendo le contestazioni sull’omessa instaurazione del contraddittorio preventivo e sulla rilevanza delle movimentazioni del proprio conto corrente bancario e delle risorse finanziarie apportare dal coniuge.

Il contribuente ha impugnato la sentenza d’appello censurando la violazione dell’articolo 38 del Dpr 600/1973, come modificato dal Dl 78/2010 e, in subordine, la violazione dello stesso articolo 38 con riguardo alla mancata considerazione, da parte della Ctr, delle prove fornite circa la «legittima detenzione delle fonti reddituali necessarie al sostenimento delle spese indicative della sua capacità contributiva».

Gli Ermellini, in riferimento all’onere di dimostrare documentalmente che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, hanno chiarito che l’articolo 38 del Dpr 600/1973 «richiede qualcosa in più della prova della mera disponibilità di ulteriori redditi, vale a dire una prova documentale su circostanze (anche meramente) sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto. In tal senso va inteso lo specifico riferimento alla prova - risultante da idonea documentazione - dell’entità di tali ulteriori redditi e della durata del loro possesso, prova che ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la diponibilità di detti redditi, per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi» (Cassazione sentenza 25585/2016). Tuttavia la Suprema Corte ha anche precisato che entità e durata del possesso di tali redditi di per sè «costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta» e come tali idonee a «vincere la presunzione nascente dall’accertamento redditometrico, nella versione normativa anche qui rilevante ai fini del giudizio», non potendosi pretendere anche «la dimostrazione del nesso di causalità fra il possesso delle disponibilità del contribuente ed il sostentamento delle spese indicate dall’ufficio» (Cassazione, sentenza 27069/2016).

Pertanto, a parere della Corte Suprema, il Giudice d’appello ha fatto malgoverno dei richiamati principi, omettendo dichiaratamente di prendere in considerazione gli estratti conto bancari per l’errato convincimento che una simile valutazione fosse possibile solo in forza del Dl 78 del 2010, «applicabile a decorrere dall’anno 2009».

Cassazione, VI sezione civile, ordinanza 15454 del 21 giugno 2017

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