Regime forfettario, «abusi» a rischio contestazione
Si entra nel regime forfetario (legge 190/2014) quando viene rispettato un parametro quantitativo nell’anno precedente di ricavi/compensi fino a 65mila euro e si esce quando si sfora tale limite, ma solo a partire dall’anno successivo e ciò a prescindere da quanto sia l’ammontare dello sforamento. Il meccanismo che consente alle partite Iva individuali di beneficiare della flat tax al 15% è ben noto, ma appare allora del tutto evidente come questa previsione normativa renda molto interessante pianificare e differire la propria fatturazione attiva per cercare di rimanere all’interno della soglia che consente di fruire del regime agevolato.
Ad esempio, a fronte di servizi resi per 80mila euro nel 2019, sotto il profilo fiscale risulterebbe conveniente limitare fatture ed incassi di detto anno a 65mila euro per godere dell’aliquota flat del 15% e rinviare l’incasso dei restanti 15mila euro nell’anno successivo e così via nelle seguenti annualità. In altra ipotesi, invece, se nel 2018 le prestazioni effettuate e realmente da fatturare fossero state di 75mila euro, il fatturato reale del 2019 raggiungesse i 105mila euro, mentre nel 2020 i compensi da percepire arrivassero fino a 150mila euro, organizzando accuratamente la fatturazione delle prestazioni ed il differimento dei relativi incassi (limitandoli a 65mila euro nel 2018 e 2019 e concentrando i restanti 200mila euro nel 2020), in tutti e tre gli anni si godrebbe della flat tax al 15% e solo nel 2021 si rientrerebbe nel regime ordinario di tassazione, da dove, in realtà, nel 2019 non si poteva uscire.
Appare, quindi, evidente come da anomali ritardi della fatturazione, o da una strumentale intermittenza della stessa tra diversi periodi di imposta, si possano generare impropri benefici fiscali.
Rispetto a quanto rappresentato non appare tuttavia inverosimile che le Entrate, indagando sulla discrasia tra i profili temporali delle operazioni effettuate, momento di emissione della certificazione fiscale e relativi incassi di riferimento, nei casi più clamorosi possa anche contestare quanto posto in essere dal contribuente per una evidente contrarietà alla ratio della normativa e ai principi dell’ordinamento, vale a dire per il perseguimento di un indebito vantaggio fiscale (il differenziale tra le aliquote Irpef ordinarie e quella sostitutiva) realizzato da un contribuente forfetario che proponga condotte accertabili come prive di coerenza e ragionevolezza rispetto ai dati di comune esperienza: si pensi, ad esempio, al caso di chi ritardasse sistematicamente l’emissione di tutte le fatture delle prestazioni del secondo semestre dell’anno x al primo semestre dell’anno x+1.
In tal caso, il vantaggio fiscale del contribuente potrebbe rischiare di essere inquadrato come realizzato in distonia con l’ordinamento tributario e potrebbero a quel punto trovare spazio anche ipotesi di accertamenti fondati sulla disciplina dell’abuso del diritto, elevabile nei confronti di chi, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzi essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Legge 145/2018 (legge di Bilancio 2019)