Imposte

Registro all’1% per la messa in comunione di beni di proprietà individuale

Con l’interpello 413 le Entrate chiariscono che non si tratta di una mera permuta

di Angelo Busani

Imposta di registro con aliquota 1% al contratto con il quale due o più persone mettono in comune tra esse beni di loro titolarità individuale. È questo il benevolo avviso espresso dall’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 413 del 16 giugno 2021, la quale, dunque, conferma una identica opinione espressa dalle Entrate nella risposta a interpello 526/2019.

L’orientamento è benevolo perché scongiura il configurarsi di una fattispecie permutativa: Tizio, esclusivo proprietario del fondo Alfa, rende Caio comproprietario di tale fondo al 50% e contemporaneamente Caio, esclusivo proprietario del fondo Beta rende Tizio comproprietario di detto fondo al 50 per cento. Se l’Agenzia avesse concluso nel senso di intravedere una permuta nell’atto di «messa in comunione», allora si sarebbero applicate le aliquote proprie dei trasferimenti immobiliari (vale a dire il 9 o il 15 per cento).

A questo atto di «messa in comunione» si ricorre, in particolare, per ragioni di pianificazione ereditaria: se Mario (proprietario esclusivo di 4 appartamenti) e sua moglie Maria (titolare esclusivo di 4 appezzamenti di terreno) desiderano lasciare gli appartamenti al figlio Marietto e i terreni alla figlia Mariuccia, a questo risultato non si giunge con sicurezza mediante la semplice redazione di due testamenti. Infatti, questa sistemazione testamentaria può prestarsi a essere contestata e quindi a non realizzare gli interessi dei testatori.

La matematica certezza invece si raggiunge (ipotizzando il valore dei 4 appartamenti identico a quello dei 4 terreni) se Mario e Maria mettono in comune i loro beni e poi ciascuno redige un testamento disponendo a favore del figlio Marietto la sua quota di comproprietà sugli appartamenti e a favore della figlia Mariuccia la sua quota di comproprietà sugli appartamenti.

L’opinione dell’Agenzia è motivata considerando il contratto di «messa in comunione» come una fattispecie di natura dichiarativa, in quanto considerata come una divisione “allo specchio”: così come con il contratto di divisione si scioglie una comunione, con il contratto di messa in comunione i beni già di titolarità esclusiva vengono resi di titolarità comune ai contraenti: «l’atto di messa in comunione, avendo effetti pari, ma di direzione opposta a quelli del contratto di divisione, derivando dal costituirsi, a mezzo della stessa, una comunione con quote soggettive speculari a quelle proprie dei beni preposseduti, ha natura dichiarativa».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©