Imposte

Registro fisso sul decreto di omologa della proposta concordataria

di Massimo Romeo

Il decreto di omologa emesso dal Tribunale per il concordato fallimentare è soggetto ad imposta di registro in misura fissa in quanto ha una funzione meramente nominalistica ed il momento impositivo non è da ricondursi alla data di omologa del concordato bensì al successivo trasferimento dei beni (effetto traslativo). Diversamente si realizzerebbe una doppia imposizione , al momento dell’omologa ed al successivo trasferimento dell’attivo fallimentare in sede di esecuzione del concordato. È quanto emerge dalla sentenza 5058/24/2018 della Ctr Lombardia del 21 novembre (presidente Ceccherini, relatore Sacchi), in riforma di quella di primo grado.

La vicenda
La questione controversa finita all’attenzione dei giudici tributari milanesi riguardava l’impugnazione da parte di una Srl di un avviso di liquidazione con cui l’Ufficio tassava in misura proporzionale il decreto di omologa emesso dal Tribunale di Milano per il concordato fallimentare proposto dalla ricorrente nell’ambito del fallimento di altra Srl. L’omologa prevedeva la cessione dell’attivo patrimoniale e l’accollo del fabbisogno concordatario. L’amministrazione Finanziaria, nel rispetto del disposto dell’ articolo 21 del Tur calcolava l’importo dovuto sull’operazione più onerosa in quanto le due operazioni (cessione e accollo), considerate nell’atto, risultavano collegate da un vincolo necessario e pertanto si doveva applicare l’aliquota del 3% (articolo 9 della tariffa-parte prima), prevista per gli atti a contenuto patrimoniale diversi da quelli ivi indicati.
Fra i vari motivi di impugnazione la ricorrente eccepiva che il trasferimento dell’attivo fallimentare non fosse ancora avvenuto realizzandosi soltanto successivamente in esecuzione del concordato.

La Ctp su tale aspetto controverso respingeva le doglianze della società ritenendo che «l’atto di omologa è una condizione necessaria e sufficiente per il trasferimento immediato dell’attivo patrimoniale ancorché l’esecuzione sarà realizzata in un momento successivo».

La sentenza
I giudici regionali, ribaltando il decisum di primo grado, richiamano a supporto della motivazione alcuni principi espressi dalla Cassazione (sentenze 19141/2010 e 19596/2015) nonché dalla stessa Ctr Lombardia (2816/64/2014).

In particolare tale giurisprudenza ha attribuito valenza meramente nominalistica all’atto di omologa del concordato con cessione di beni, in presenza o meno di assuntore, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, nonché ha affermato che il decreto di omologa non produce effetti traslativi, dovendosi attendere gli atti di trasferimento posti in essere in esecuzione del piano, cioè in un momento successivo alla proposta concordataria.

Calando tali principi alla fattispecie in esame il Collegio rileva che l’oggetto del trasferimento comprendeva unicamente la titolarità di esercizi commerciali al dettaglio ancora gestiti in affitto d’azienda e ciò provava la mancata realizzazione dell’effetto traslativo, formalmente e sostanzialmente; la base imponibile, nel rispetto della procedura prevista dalla legge fallimentare, era costituita dall’unico asset trasferendo e cioè l’azienda della Srl (concordataria) , sul cui valore va calcolata l’imposta di registro dovuta.

Pertanto, conclude la Ctr, riformando la decisione di primo grado e di fatto annullando l’avviso di liquidazione, che «il decreto di omologa ha una funzione meramente nominalistica e, per l’effetto, è soggetto ad imposta di registro in misura fissa; il momento di applicazione della tassazione relativa all’imposta di registro non è da ricondursi alla data di omologa del concordato, bensì al successivo trasferimento dei beni, fino a quel momento gestiti dalla società concordataria in regime di affitto d’azienda».

Diversamente opinando, chiosa il collegio, si realizzerebbe una duplicazione d’imposta, al momento dell’omologa e al successivo trasferimento dell’attivo fallimentare, in sede di esecuzione del concordato.

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