Controlli e liti

Responsabilità per dolo e profitto

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di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Per il concorso del professionista nell’illecito penale commesso dal cliente è necessario che il comportamento del contribuente sia connotato dalla volontà di creare un danno all’Erario, cioè da dolo specifico di evasione o di conseguimento di indebiti rimborsi di imposta.

In passato, nella casistica esaminata dai giudici di legittimità è stato sempre evidenziato che il professionista, dal canto suo, deve essere sorretto dalla coscienza e volontà della commissione dell’illecito e quindi dalla consapevolezza di aver intenzionalmente dato un contributo causale, materiale o morale, alla realizzazione del reato del cliente, rimanendo così esclusi gli atti di natura colposa, come gli errori materiali o concettuali dovuti cioè a negligenza o imperizia.

In tale contesto il commercialista che tiene sistematicamente la contabilità del contribuente accusato di dichiarazione infedele, risponde del reato a titolo concorsuale pur non avendo tratto alcun profitto dal reato (Cassazione 24967/2015).

Ancora, è stata ritenuta legittima la misura degli arresti domiciliari per un professionista che aveva pianificato e realizzato un complesso progetto criminoso in grado di coinvolgere un numero consistente di persone, commettendo i reati per un lungo periodo di tempo lucrando ingenti capitali destinati all’Erario (Cassazione 23522/2014). In tema di emissione di fatture false (Cassazione 17418/2016), risponde del reato il professionista che suggerisce a propri clienti di utilizzare tali documenti per abbattere il carico fiscale, a nulla rilevando l’effettivo inserimento delle stesse in dichiarazione.

Sul fronte dei costi, invece, risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti il commercialista che contabilizza nelle dichiarazioni del cliente fatture che sapeva essere false o per le quali avrebbe dovuto, quanto meno, sospettare del carattere fittizio (Cassazione 39873/2013).

Con riferimento alla presentazione della dichiarazione (Cassazione 18845/2016), la responsabilità incombe direttamente sul contribuente tenuto a sottoscriverla, non potendosi trasferire sui professionisti incaricati a tale adempimento. È stato invece escluso il concorso qualora la condotta sia meramente colposa (sentenze 38335/2013, 175/2013 e 16958/2012) poiché il contribuente ha un dovere di controllo sull’incarico affidato al professionista.

Di recente secondo la Suprema corte il concorso può essere integrato anche con la semplice consapevolezza da parte del professionista del reato che sta commettendo il proprio cliente anche senza esserne l’ispiratore. Nella specie, un consulente fiscale veniva indagato per il reato di indebita compensazione: alcune società clienti si accollavano il debito tributario di terzi ed effettuavano la compensazione con crediti fittizi. Per alcune di queste società il consulente apponeva visto di conformità. Il professionista si difendeva evidenziando di aver svolto soltanto il proprio incarico essendo estraneo ai fatti delittuosi: la compensazione illecita era stata attuata da terzi. Dai crediti inesistenti, inoltre, non aveva tratto alcun beneficio. Nell’occasione, secondo la Cassazione, il concorso ricorre anche quando il professionista sia soltanto consapevole di porre in essere l’attività delittuosa poiché il dolo si riscontra anche nella semplice conoscenza.

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