Responsabilità professionale anche per la perdita di chance del cliente
La corte di Cassazione con la sentenza n. 13769/2018 nega il risarcimento dei danni chiesto da alcuni contribuenti, nell'ambito di un ricorso per responsabilità professionale del commercialista per condotta omissiva e perdita di chance in capo al cliente.
Secondo la Corte, infatti, pur essendo configurabile la negligenza del professionista, la valutazione prognostica non ha consentito di ritenere che il ricorso sarebbe stato accolto se fosse stato presentato correttamente nei termini.
In generale, i professionisti hanno, nei confronti dei loro clienti, una responsabilità di carattere contrattuale (ex articoli 1176 e 2236 del codice civile), nascente da un contratto d'opera intellettuale: se tali soggetti non adempiono a una o più obbligazioni relative all'incarico ricevuto sono tenuti a risarcire i danni ai clienti lesi da tali inadempienze.
Anche nell'ambito della responsabilità professionale può configurarsi una colpa derivante da condotte omissive del professionista che implicano una perdita di chance in capo al cliente: l'ipotesi tipica è quella della mancata presentazione, nei termini previsti ex lege, degli atti necessari all'instaurazione di un contenzioso. In questo caso si dovrà ricorrere a una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole del ricorso, che avrebbe dovuto essere proposto e diligentemente seguito. Il giudizio prognostico del giudice dovrebbe basarsi, in particolare, sulle concrete e ragionevoli possibilità di ottenere risultati utili e vantaggiosi per il cliente.
Dal punto di vista probatorio, nell'ipotesi in cui il cliente lamenti di essere stato danneggiato a seguito di un comportamento omissivo da parte del professionista, dovrà necessariamente provare il conferimento dell'incarico e dimostrare le citate connesse probabilità di successo del contenzioso che avrebbe dovuto essere instaurato.
L'accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante o da perdita di chance, inoltre, esige la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.
Nel caso affrontato dalla corte di Cassazione nella sentenza n. 13769/2018, peraltro, i giudici di legittimità, confermando la pronuncia di secondo grado, sottolineano che la Corte d'appello ha correttamente puntualizzato, con motivazione approfondita, che non poteva giungersi a una diversa valutazione, anche tenendo conto dei ricorsi proposti dagli appellanti quasi contestualmente ma affidati a un diverso commercialista (i quali avevano avuto per loro esito favorevole), in quanto, oltre a mancare la certezza di uniformità dell'orientamento delle varie sezioni della Commissione Tributaria adita, i profili delle violazioni contestate e oggetto della controversia in esame erano differenti.
Per approfondire leggi: Responsabilità professionale di Elisa Chizzola, in Settimana Fiscale 5/2019