Controlli e liti

Retroattivo il cumulo tra termini di adesione e sospensione feriale

La formulazione letterale della norma evidenzia la natura interpretativa della disposizione

di Laura Ambrosi

Il cumulo della sospensione feriale dei termini e dei 90 giorni previsti per la fase di adesione vale anche per il passato. A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 22724 depositata il 20 ottobre.

La vicenda trae origine dall'annosa questione sulla cumulabilità della pausa feriale con i termini di 90 giorni previsti per l'adesione. In passato si era posto il problema della cumulabilità con il periodo di sospensione feriale, atteso che quest'ultimo è disciplinato per il «decorso dei termini processuali» (articolo 1, legge 742/69).

La fase di adesione invece è squisitamente amministrativa, con la conseguenza che secondo una rigorosa interpretazione della norma, i 90 giorni non erano cumulabili con il citato periodo feriale. La Suprema corte (7386/2019, 7995/2016 e 11632/2015) aveva infatti, dichiarato l'inammissibilità dei ricorsi presentati con il cumulo dei termini (90 giorni di adesione più sospensione feriale), ritenendo la procedura amministrativa e non processuale. Le decisioni avevano generato non poche perplessità anche perché l'Agenzia, in plurimi documenti di prassi, aveva ritenuto cumulabili i due termini.

A dirimere la questione è poi intervenuto l'articolo 7-quater, comma 18 del Dl 193/2016 secondo cui i termini relativi all'adesione «si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell'attività giurisdizionale».

Nell'ultima vicenda esaminata dalla Suprema corte, entrambi i giudici di merito dichiaravano inammissibile perché tardivo il ricorso proposto da una società entro il termine calcolato con il cumulo della pausa feriale all'adesione. L'impugnazione era stata proposta nel periodo antecedente all'entrata in vigore della norma che ha disciplinato il cumulo.

La Suprema corte ha innanzitutto rilevato il contrasto giurisprudenziale sull'applicazione retroattiva di tale norma. Infatti, con due pronunce del 2019 sono stati espressi principi contrari: l'ordinanza n. 5039/2019 aveva ammesso il cumulo, mentre la sentenza 7386/2019, depositata a poco più di 20 giorni dalla precedente, lo escludeva. I giudici di legittimità hanno ritenuto prevalente la tesi per cui la norma sia retroattiva. La formulazione letterale (in particolare con la locuzione «si intendono cumulabili») palesa la natura interpretativa della disposizione, valevole quindi anche per il passato. È pertanto auspicabile che anche i giudici di merito si uniformino a tale orientamento.

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