Retromarcia sull’obbligo degli Ias/Ifrs dai conti 2018
Una norma di impossibile applicazione è quella che consentirebbe alle imprese i cui titoli non sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali Ias/Ifrs, di ritornare a redigerlo applicando le norme nazionali. L’emendamento, già presente nel decreto fiscale 119/2018, era stato opportunamente ritirato: ora il contenuto ricompare immutato nella legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018, articolo 1, comma 1070).
È una disposizione rivolta, in particolare, alle banche con titoli non quotati, oggi obbligate a redigere i bilanci applicando gli Ias/Ifrs, che avrebbero la facoltà di usarli, ma non più l’obbligo. La stessa relazione al Dl fiscale individuava i principali destinatari nelle banche e negli intermediari finanziari: per il primo gruppo, si tratta sostanzialmente delle Banche di credito cooperativo (Bcc). Sarebbe ora consentito effettuare il percorso inverso, tornando a redigere i bilanci in base alle norme interne, già a partire dai bilanci 2018.
Per fare questo, il comma 1070 della legge Bilancio interviene sul Dlgs 38/2005, introducendo il nuovo articolo 2-bis (intitolato «Facoltà di applicazione»), mentre il comma 1071 precisa che i soggetti interessati possono avvalersi di questa facoltà a decorrere dall’esercizio precedente all’entrata in vigore della legge di Bilancio 2019.
Tuttavia, al momento, non sono previste disposizioni di coordinamento che disciplinano il passaggio dai principi contabili internazionali a quelli nazionali e neppure disposizioni fiscali per gestire la transizione: le sole disposizioni, contenute nel Dlgs 38/2005 e nelle norme fiscali, riguardano il passaggio agli Ias/Ifrs, ma non il percorso inverso.
Le criticità applicative
Il passaggio da Ias/Ifrs a principi nazionali comporta una riscrittura integrale del patrimonio netto che deve essere regolamentata, perché si riflette anche sui vari istituti giuridici. Lo stesso discorso vale per le regole contabili, che devono rendere applicabili, dal punto di vista tecnico-operativo, le norme giuridiche. Attività e passività dovrebbero essere riclassificate in base alle norme interne con applicazione retroattiva delle stesse: prescrizione tutt’altro che semplice.
Infatti, il passaggio ai principi nazionali non deve compromettere la possibilità di comprendere gli effetti del cambiamento delle regole contabili e di confrontare i valori di bilancio del passaggio ai principi nazionali con quelli riferiti all’esercizio precedente: solo in questo modo il lettore del bilancio è nelle condizioni di valutare l’andamento economico e finanziario della gestione.
Per questi motivi, in particolare per l’assenza di norme di legge, è rimasto allo stadio di bozza il principio contabile posto in consultazione dall’Oic nel 2012.
L’intendimento della norma parrebbe (anche) quello di consentire, ai soggetti interessati, di usufruire della disposizione, introdotta dal decreto 119/2018 (legge 136/2018), che permette di non svalutare i titoli iscritti nell’attivo circolante: in sostanza, non potendo il legislatore nazionale intervenire sui principi internazionali, si consentirebbe ai soggetti citati di ritornare ai nazionali.
Su questo punto sono opportune alcune precisazioni: innanzitutto, i principi contabili nazionali sono destinati alle imprese industriali e commerciali e non alle banche, che, prima dell’applicazione degli Ias/Ifrs, seguivano le regole contabili dettate dalla Banca d’Italia.
Infine, la Banca d’Italia, per ovvie ragioni anche di comparazione, potrebbe richiedere la misurazione del patrimonio di vigilanza, e pertanto le relative segnalazioni, continuando ad applicare le disposizioni da cui si vuole sfuggire: a questo punto si tornerebbe al problema che la norma vorrebbe evitare, con l’aggravante di ulteriori adempimenti contabili.