Rettifica Iva anche sulle migliorie su beni di terzi
Rettifica dell'Iva a suo tempo detratta, in base a quanto disposto dall'articolo 19-bis2 del Dpr 633/1972, anche con riferimento alle «migliorie» poste in essere su beni immobili di terzi.
Il chiarimento giunge dall'agenzia delle Entrate con proprio interpello n. 132 del 29 aprile scorso, attraverso il quale ha fornito risposta a una società che, gestendo un portafoglio di immobili, in parte ricevuto in usufrutto dalla fondazione che la controlla e in parte in proprietà, ha capitalizzato in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali e sotto la voce «migliorie su beni di terzi», una serie di spese sostenute sugli immobili in usufrutto, portando totalmente in detrazione l'Iva addebitatagli per i lavori stessi.
A seguito della retrocessione, esente Iva, dell'usufrutto dalla società alla fondazione controllante, la stessa società provvedeva a spesare completamente a conto economico le migliorie su beni di terzi, rettificando, contestualmente, la detrazione dell'imposta sul valore aggiunto a suo tempo esercitata sulle migliorie stesse.
Alla società, però, è sorto il dubbio di non aver agito correttamente proprio con riferimento a tale rettifica, chiedendosi se le spese di migliorie sui beni di terzi non debbano, più correttamente, essere considerate oneri pluriennali e più precisamente «spese relative a più esercizi» di cui all'articolo 108, comma 3, del Dpr 917/1986 e, quindi, non soggette alla rettifica Iva di cui all'art. 19-bis2 del Dpr 633/1972.
L'agenzia delle Entrate fa dapprima presente che l'istituto della rettifica in commento è disciplinato, a livello europeo, dall'articolo 184 e seguenti della direttiva 2006/112/CE, e che secondo la Corte di Giustizia europea, nella sentenza del 31 maggio 2018, la rettifica dell'imposta persegue «l'obiettivo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell'Iva pagata a monte e l'impiego dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette a imposta a valle»; successivamente evidenzia che tale meccanismo trova soprattutto applicazione per i beni cosiddetti da investimento ossia per quelli che vengono utilizzati per un certo numero di anni «nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui essi sono destinati».
L'articolo 19-bis2 della legge Iva, in ossequio alla disciplina europea di cui all'articolo 190 della direttiva di «rifusione», prevede, dunque, la rettifica dell'imposta sia in diminuzione che in aumento, rispetto a quella inizialmente effettuata, sia per i beni non ammortizzabili e i servizi utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata, sia per i beni ammortizzabili, in rapporto al diverso utilizzo che si verifica nell'anno della loro entrata in funzione ovvero nei quattro anni successivi, dieci per gli immobili, ed è calcolata con riferimento a tanti quinti, o decimi per gli immobili, dell'imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio o del decennio.
Con riferimento, dunque, alle spese che costituiscono migliorie su beni di terzi è stato corretto che il contribuente abbia effettuato la rettifica dell'imposta a suo tempo portata in detrazione. Afferma, infatti, l'agenzia delle Entrate che si tratta di spese che «ai fini della disciplina della rettifica della detrazione in esame, devono considerarsi relative a beni ammortizzabili della Alfa (ossia della società interpellante, ndA) e, come tali, sono soggette alla medesima disciplina applicabile ai beni ammortizzabili di cui incrementano il valore, ai sensi dei commi 2 e 8, secondo periodo, dell'articolo 19-bis2, del Dpr 633/1972».
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