Controlli e liti

Rettifica rimanenze anche senza continuità

L’ordinanza 17312/2021 della Cassazione: ok al ritocco delle iniziali anche se le finali precedenti non sono accertate

di Laura Ambrosi

È legittima la rettifica delle rimanenze iniziali anche se le finali dell’anno precedente non sono state accertate. L’Ufficio infatti ha l’obbligo di adeguare i valori solo relativamente agli anni successivi ma non per i precedenti.

Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 17312 depositata il 17 giugno. La vicenda trae origine da un avviso di accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate rettificava a una società le rimanenze iniziali perché ritenute insussistenti. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario eccependo, tra gli altri, anche l’illegittimità perché l’Ufficio non aveva rettificato le rimanenze finali dell’esercizio precedente, violando così il principio di continuità di bilancio. Entrambi i giudici di merito accoglievano il gravame e quindi l’Agenzia ricorreva in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma.

I giudici di legittimità, accogliendo il ricorso, hanno innanzitutto precisato che all’Amministrazione finanziaria va riconosciuto il potere, in sede di accertamento, di rideterminare il valore delle rimanenze. In tale contesto, la Suprema Corte ha rilevato che il citato principio di continuità di bilancio (secondo cui le rimanenze finali di un esercizio costituiscono esistenze iniziali di quello successivo) va coordinato con l’articolo 110 del Tuir il quale prevede che la rettifica da parte dell’Ufficio in un esercizio ha effetto anche per gli esercizi successivi.

Tale norma, quindi, pone l’obbligo a carico dell’accertatore di tenere conto del maggior valore attribuito alle rimanenze anche per seguenti periodi di imposta. Tuttavia, la Cassazione ha escluso che tale principio possa valere anche al contrario, ossia che, in caso di rettifica delle sole rimanenze iniziali, l’Ufficio debba automaticamente e necessariamente rettificare anche le rimanenze finali dell’esercizio precedente. In altri termini, se l’Agenzia modifica le rimanenze iniziali di un anno, tale valore non deve essere automaticamente considerato quale rimanenza finale dell’anno precedente, risultando solo un diritto-potere dell’organo accertatore.

La decisione merita qualche riflessione di ordine pratico. Innanzitutto, la rimanenza finale rappresenta una componente positiva del reddito imponibile, ossia un valore che è stato tassato. Ne consegue così che l’eventuale rettifica delle sole rimanenze iniziali dell’anno successivo comporta in concreto l’(anomala) indeducibilità di un costo e quindi una sorta di “doppia” tassazione della stessa componente.

Non solo. Se poi la contestazione delle sole rimanenze iniziali avviene quando è già spirata la decadenza del potere di accertamento dell’anno precedente, il contribuente si trova nella incredibile situazione in cui le maggiori imposte versate (l’anno prima) non potranno più essere recuperate.

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