Imposte

Ricerca e sviluppo, credito d’imposta solo alle innovazioni a livello di settore merceologico

Non conta l’ampliamento di conoscenze o capacità della singola realtà

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di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Continuano le interpretazioni restrittive in tema di credito d’imposta per le attività di R&S, così come previsto dall’articolo 3 del decreto legge 145/13 e vigente fino al 2019, soprattutto in merito alle innovazioni di processo e organizzative; con la risposta 82/2020 a interpello le Entrate e il Mise negano il beneficio in relazione alle attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, non siano innovative a livello di settore merceologico, con un orientamento che, di fatto, limita la fruibilità dell’agevolazione, confermando quanto affermato dalla risoluzione 40/19.

La risposta trae origine da un interpello presentato da una società che opera nel settore del retail food in relazione a un progetto riguardante l’attività di R&S sperimentale inerente lo «studio innovativo di nuovi processi aziendali», legati alla individuazione di nuovi modelli di gestione dei rifiuti secondo l’introduzione di modelli e parametri gestionali legati al principio dell’economia circolare. La società istante ritiene che siano presenti i cinque requisiti del Manuale di Frascati.

L’Agenzia invece nega il beneficio, sulla scorta di un conforme parere del Mise, che richiama la risoluzione 40/E/19, al fine di ribadire che nel campo di applicazione della disciplina agevolativa non rientrano automaticamente le attività innovative svolte dalle imprese, ma solo quelle che:
nell’ambito di un determinato progetto finalizzato all’introduzione di un nuovo prodotto (bene o servizio) o di un nuovo processo (di produzione di un prodotto) - ovvero finalizzato a apportare significativi miglioramenti a prodotti o processi esistenti;
si rendano necessarie per il superamento di un problema o di un’incertezza scientifica o tecnologica, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del “settore di riferimento”, e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico.

Il Mise osserva poi che sono escluse le attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente dall’effettuazione di investimenti volti all’introduzione da parte della stessa di tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell’ambito del “settore di appartenenza”. Applicando tali criteri alla fattispecie dell’interpello, il Mise esclude che le attività svolte dall’istante possano considerarsi attività di R&S ammissibili al credito d’imposta, trattandosi di pratiche già definite e la cui applicazione è possibile rinvenire in più settori, compreso quello della Gdo in cui opera l’impresa. Il Mise osserva poi che il progetto:
non concorre a alcun avanzamento sul piano scientifico e tecnologico;
non presenta alcun rischio d’insuccesso tecnico;
in ordine all’utilizzabilità e replicabilità, i rischi affrontati sono di tipo economico-finanziario normalmente presenti in tutti i casi in cui un’impresa valuti la praticabilità di un nuovo modello di business.

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