Imposte

Ricerca e sviluppo, niente abuso del diritto nel credito trasferito con una doppia fusione

Via libera della risposta a interpello 643/2020 anche se l’attività del centro era già cessata e il bonus sia transitato da un’altra aggregazione societaria

di Emanuele Reich e Franco Vernassa

Non costituisce abuso del diritto il trasferimento di un credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo che avvenga tramite fusione, pur in presenza di una fattispecie in cui sia cessata da tempo l’attività del centro di ricerca che aveva generato il credito, e sebbene trasferito credito sia transitato tramite una precedente fusione attraverso una società che abbia cessato qualsivoglia attività. È il principio contenuto nella risposta a interpello 643 del 31 dicembre 2020 emessa dall’agenzia delle Entrate in relazione ad un interpello anti abuso relativo ad una serie di operazione societarie snodatesi nell’arco di un decennio.

La fattispecie oggetto di interpello riguarda il credito ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 1, commi 280-283, della legge 296/2006, ma si ritiene possa avere rilevanza generale per i vari crediti d’imposta ricerca e sviluppo succedutisi nel tempo (circolare 10/E/2018).Nel caso esaminato il credito era stato originato da un centro di ricerche posseduto da Gamma, che aveva poi cessato la sua attività prima di essere incorporata da Beta, svolgente altra attività, a sua volta poi incorporata dall’interpellante Alfa. Da notare che Beta prima dell’incorporazione aveva ceduto ad Alfa l’unica azienda, ad esclusione del credito ricerca e sviluppo e di tutti i crediti e debiti.

In termini generali, l’Agenzia ricorda che il trasferimento della titolarità del credito è ammissibile solo in relazione ad un’operazione successoria, quale ad esempio la fusione e la scissione, ovvero nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato, ovvero attraverso una combinazione delle suddette operazioni.

L’Agenzia osserva che nel caso di specie il credito è maturato nell’ambito dell’attività di un centro di ricerca, poi definitivamente cessata, svolta da Gamma, poi incorporata da Beta, a sua volta incorporata da Alfa, talché è stata più volte modificata l’attività del soggetto pro tempore titolare del credito, con prolungati periodi di inattività e subentri per effetto di due fusioni.

Ciò nonostante, secondo l’Agenzia, ancorché al momento dell’ultima fusione non esista più l’azienda che ha generato il credito, il subentro nel credito non si pone in contrasto con il suo divieto di cessione, che riguarda solo gli atti realizzativi, ossia destinati a monetizzare unicamente il credito d’imposta, tra cui non rientra l’operazione di fusione, che come detto ha natura successoria.

L’Agenzia afferma quindi che nel caso in esame non sussiste alcun vantaggio fiscale indebito in relazione al trasferimento del credito ricerca e sviluppo in capo ad Alfa per effetto dell’incorporazione di Beta. Poiché non sussiste il requisito dell’indebito risparmio d’imposta, l’Agenzia non procede all’analisi dell’esistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali poste a fondamento della rappresentata operazione.

Da ultimo, l’Agenzia evidenzia che potrebbero esservi delle criticità sull’esistenza del credito anche in relazione alla sua risalente origine, che potrebbe averne determinato la decadenza, non sanata dal carattere non abusivo dell’operazione di fusione.

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