Controlli e liti

Ricorso «sandwich», il copia-incolla non incanta i giudici

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di Rosanna Acierno

È inammissibile il ricorso cosiddetto sandwich redatto attraverso la tecnica del copia-incolla di interi atti e documenti, senza alcuno sforzo di selezione o rielaborazione dei loro contenuti. Nell’ambito di un ricorso, infatti, soltanto una compiuta esposizione dei fatti risponde all’esigenza di consentire ai giudici di legittimità di acquisire una conoscenza chiara e completa della questione e della fondatezza o meno delle censure sottoposte al loro giudizio. È quanto ha statuito la Corte suprema con la sentenza 8245, depositata il 4 aprile 2018 .

La vicenda posta a base della pronuncia trae origine da un ricorso per cassazione proposto dalle Entrate avverso una sentenza pronunciata dalla Ctr, con cui era stata confermata la dichiarazione in 1° grado di illegittimità del recupero a tassazione di maggiori ricavi e costi non inerenti in capo ad una società consortile. In particolare, il ricorso per cassazione, proposto dalle Entrate e redatto secondo la tecnica di mera trascrizione compilativa, si componeva di 179 pagine, di cui 175 rappresentate da mere trascrizioni del Pvc, degli atti di accertamento, nonché delle sentenze di 1° e 2° grado e le rimanenti 4 pagine da un’esposizione sommaria dei fatti e delle censure di norme di legge. Nel resistere con controricorso, la società consortile eccepiva, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso proposto dalle Entrate per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex articolo 366, n. 3) Cpc, applicabile al giudizio tributario per l’espresso richiamo operato dall’articolo 1, comma 2, Dlgs 546/1992.

Nel pronunciarsi sulla questione, la Corte suprema ha statuito che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex articolo 366, n. 3) Cpc non può ritenersi osservato quando il ricorrente si limiti a una brevissima e insufficiente narrativa della vicenda processuale, integrandone il contenuto mediante la mera trascrizione di interi stralci degli atti in causa in quanto lo scopo della disposizione consiste nel permettere l’immediata percezione delle censure sollevate, senza necessità di ricorrere ad altri atti, sia pure allegati.

Questo perché attraverso la tecnica redazionale del ricorso sandwich o farcito il ricorrente non fa altro che rinviare agli atti del giudizio di merito, gravando la Corte di cassazione del compito, che non le appartiene, di ricercare e utilizzare ciò che possa servire al giudizio di legittimità e, conseguentemente, rendendo particolarmente difficoltosa la stessa individuazione della materia del contendere. I giudici della Corte, infatti, non hanno l’onere di provvedere all’indagine ed alla selezione di quanto sarebbe utile per la discussione della controversia.

Cassazione, sezione tributaria, sentenza 8245 del 4 aprile 2018

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