Riforma del diritto per una giustizia efficiente
L’arrivo di ingenti risorse economiche è un’occasione irripetibile e straordinaria per un riassetto necessario
L’afflusso imponente di risorse economiche per il settore giustizia è un’occasione straordinaria, irripetibile, per la riforma di cui tutti avvertono l’esigenza. L’alibi della impossibilità di procedere a innovazioni per la mancata copertura della spesa è fuori gioco. Al contrario, oggi, la sindrome dell’imbarazzo della scelta, ossia aree e interessi da privilegiare, rischia di rallentare la spinta al cambiamento. I settori critici sono noti: il processo penale, civile, tributario. Altrettanto note le distorsioni provocate: la lunghezza esasperante per ottenere la decisione finale (in uno con l’incertezza relativa) alimenta il contenzioso, dissuade gli investitori esteri, frena l’economia, si misura in punti di Pil perduti.
Come sgonfiare la bolla cresciuta a dismisura dell’inefficienza cronica?
Gli interventi attesi dal Pnrr si concentrano prevalentemente su massicce iniezioni di liquidità destinate all’immissione in organico di forze fresche (personale in astratto più motivato ed esperto tecnologicamente) e all’acquisto di dotazioni informatiche. Con l’obiettivo dichiarato di smaltire l’arretrato. A proposito del quale, il dato impressionante e incredibile di oltre 50.000 ricorsi pendenti alla fine del 2020 presso la corte di Cassazione nell’ambito tributario si risolve di fatto in una denegata giustizia. Ora, muoversi in questa direzione è senz’altro necessario, ma non sufficiente. Correggere una situazione straordinaria attraverso un piano altrettanto straordinario produce benefici immediati, ma nel medio periodo evanescenti, se non si rimuovono le cause della patologia. Detto in altri termini, l’accelerare il processo va combinato con la riforma del diritto. Forma e sostanza. Per riprendere l’istruttivo esempio dell’agonizzante giustizia tributaria, la notizia più eclatante, a ben vedere, non è la mole di atti che si accumulano impolverandosi, ma quella che il giudice di ultima istanza annulli in un caso su due quanto deciso dalle Commissioni tributarie nei precedenti gradi. Questo «Gratta e Vinci» della pretesa erariale potrebbe avere anche – nella sua alea e provocatoriamente – una funzione salvifica, se tuttavia non si tenesse conto nel frattempo dei danni incalcolabili, diretti e indiretti, nei confronti del contribuente che le sentenze cassate provocano, stante la loro esecutività e la connessa riscossione coattiva. Concentrando l’attenzione sul versante penale, lo scenario è altrettanto inquietante.
Le criticità
Tempi smisurati, decisioni incerte, procedure claudicanti, errori giudiziari che costano condanne in sede europea e indennizzi da liquidare. Sinora, la terapia è consistita in un placebo: negare l’evidenza o, anziché rimuovere l’ostacolo, deviare il percorso. Un esempio istruttivo quanto banale la riforma della prescrizione: ovvero, poiché i reati si prescrivono in quanto i processi durano a lungo, allunghiamo (o congeliamo) i termini di prescrizione per evitare l’effetto indesiderato, anziché comprimere l’estensione del processo e preservarlo dalle troppe inefficienze. Come dire: se il mezzo pubblico di trasporto impiega troppo tempo causa strada dissestata, anziché riparare la strada posticipiamo l’orario di arrivo o cambiamo direzione. Un ragionamento illogico, prim’ancora che incostituzionale.
La cura
Per una radicale e drastica cura è arrivato il momento di ripensare alcune idee di fondo, che per decenni hanno costituito un tabù da esorcizzare in nome di pretese ideologiche e non di opzioni legate se non altro alla presa d'atto di prassi esistenti e consolidate. In primo luogo, una depenalizzazione massiccia. Cesoie da giardiniere e non forbici da estetista per potare la gran parte delle attuali contravvenzioni, eliminare numerose fattispecie del diritto penale economico, sia per la loro vetustà (è il caso dei reati fallimentari e societari), sia per l'effetto-leva generato (è il caso di alcuni reati ambientali e tributari). Poche figure criminose, costruite intorno al nocciolo duro dell'offensività, poiché il diritto penale è extrema ratio e la migrazione nel campo dell'illecito amministrativo assicura prontezza della risposta e efficacia della sanzione. Inoltre, discrezionalità dell'esercizio dell'azione penale. L'obbligatorietà attuale virtuale non regge il peso delle notitiae criminis e ricorda il Leviatano. La selezione discrezionale, temperata da linee-guida nazionali o distrettuali, rappresenta un'opzione di concreta efficienza e rapidità e – al contrario di quanto si possa pensare – assicura maggiore trasparenza e fiducia nell'operato del pubblico ministero. Infine, la separazione delle carriere. Da non vivere o percepire come un atto punitivo o di ‘normalizzazione', ma il doveroso equilibrio tra funzioni e poteri, senza per ciò attentare al valore costituzionale dell'indipendenza della magistratura. Del resto, non è tanto in gioco il profilo psicologico della comunanza di sedi, lavoro, interessi, frequentazione che nuocerebbe al reale distacco, sebbene esso possegga un'indubbia forza di suggestione, ma il dato più solido del doveroso riflesso del processo accusatorio, dove l'organo inquirente è una parte, al pari del difensore dell'imputato, mentre il giudice è, per l'appunto, un terzo, con l'inevitabile distinzione che la semantica offre e impone.