Rimborsi, la strada dell’equità imposta dall’Unione europea
Quando gli uffici dell’amministrazione finanziaria si chiamavano con il nome del tributo (imposte dirette e registro) passò alla storia l’affermazione del professor Antonio Berliri, uno dei padri della grande riforma tributaria del 1971: ricordatevi che gli uffici sono preposti alle entrate, e quindi il rimborso deve considerarsi un atto contro natura.
Stava arrivando l’imposta sul valore aggiunto, che è un generatore ordinario di situazioni creditizie: vendite ad aliquote inferiori rispetto alla media degli acquisti, esportazioni e cessioni non imponibili, tra cui quelle agli esportatori abituali, che non generano plafond per i fornitori, piuttosto che rilevanti investimenti. Come se non bastasse, nell’ottica di contrastare le frodi, il nostro legislatore, andando oltre lo standard europeo, ha accresciuto le norme generatrici di credito: il reverse charge sempre più esteso e lo split payment, per il quale è ormai certo che l’Italia sta chiedendo la proroga per il prossimo triennio, la cui concessione è altrettanto certa, a condizione che i rimborsi Iva vengano effettivamente eseguiti entro tre mesi dalla richiesta.
L’attesa del rimborso tributario, tema che riguarda anche le imposte dirette, sia pure in misura meno rilevante, rende ancor più fragile la struttura finanziaria delle piccole e medie imprese, e in questo ambito il legislatore ha certamente fatto qualcosa di utile negli ultimi anni, come l’aumento a 30mila euro della soglia di rimborsi che non richiede il visto di conformità né, di regola, la prestazione di garanzie.
Ma quando occorre dare una fideiussione per ottenere il rimborso nascono due problemi.
1) Per l’ente finanziatore, di regola una banca, anche la garanzia prestata all’erario costituisce un fido all’impresa, e pertanto va ad intaccare la disponibilità per la concessione dei crediti necessari per la gestione dell’azienda.
2) Il secondo tema relativo alle garanzie riguarda il costo: nessuno le concede senza un corrispettivo.
Questo argomento, ma che tutto sommato è il meno rilevante nella sistematica dei rimborsi, era stato già affrontato in una delle tante inascoltate disposizioni dello statuto dei diritti del contribuente. L’ articolo 8, comma 4, della legge 212/2000 prescrive infatti il rimborso del costo delle fideiussioni, sia per quelle rilasciate nella fase contenziosa che a garanzia dei rimborsi.
È invece sicura l’attuazione di quanto il nostro Paese sta facendo per sottrarsi ad una procedura di infrazione: il Ddl di delegazione europea dispone che verrà riconosciuta una somma a titolo di ristoro forfetario dei costi sostenuti per il rilascio della garanzia stessa pari allo 0,15 per cento dell’importo garantito per ogni anno di durata della garanzia. La somma sarà versata alla scadenza dei termini per l’emissione dell’avviso di rettifica o di accertamento ovvero, in caso di emissione di detto avviso, quando sia stato definitivamente accertato che al contribuente spettava il rimborso dell’imposta.
Se ne parlerà però dalla dichiarazione annuale per il 2017 o dal primo rimborso trimestrale del 2018.