Rimborso dell’Iva da richiedere entro due anni dalla liquidazione
La Cassazione prova a fare chiarezza sulle tempistiche per i rimborsi Iva. In via generale il dies a quo per il computo dei due anni entro i quali si può esercitare il diritto per ottenere dall’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva indebitamente versata (ex art. 21, comma 2, ultima parte Dlgs n. 546/1992) decorre - quando non vi è un effettivo versamento - dalla data in cui è stata effettuata la compensazione, in sede di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto, perché tale operazione «costituisce modalità di estinzione, e, quindi, di pagamento dell’Iva». Inoltre, il caso per il quale è consentito il rinvio del decorso del termine a un momento successivo a quello della liquidazione periodica - ovvero al momento della presentazione della dichiarazione annuale -, attiene solo alla fattispecie in cui «quel diritto in precedenza, ovvero al momento della liquidazione, era - benché sussistente - incompleto o inefficace e la dichiarazione annuale “l’elemento finale di una fattispecie a formazione progressiva soltanto al termine della quale il diritto potrebbe essere azionato” (così, ancorché in fattispecie diversa, in Cass. n. 813 del 2005)».
Lo ha affermato l’ordinanza 21414/2017 della Cassazione, nell’accogliere il ricorso delle Entrate avverso la sentenza della Ctr Emilia Romagna n. 77/13/09, che pure aveva confermato la sentenza della Ctp, favorevole al contribuente.
La vicenda traeva origine da una richiesta di rimborso Iva - versata erroneamente su canoni di locazione di macchinari industriali utilizzati fuori dalla Comunità europea (quindi fuori campo Iva ex art. 7, comma 2, lettera d Dpr 633/1972).
Il contribuente aveva inoltrato l’istanza di rimborso - avendo superato il termine annuale previsto per l’emissione di una nota di variazione (in diminuzione) - entro i due anni dalla presentazione della dichiarazione, ritenendo - come i giudici di appello - che il termine biennale «comincia a decorrere dal momento in cui le somme entrano nella disponibilità dello Stato, (e che esso) andava individuato in quello di presentazione della dichiarazione».
La Suprema corte, respinta tale tesi per i motivi prima illustrati, osserva inoltre che, essendo l'operazione “fuori campo” Iva, «la data di presentazione della dichiarazione annuale è del tutto indifferente», anche se - verosimilmente - nella dichiarazione Iva presentata dal contribuente erano esposti l'imponibile dell’operazione e l’importo Iva corrispondente da versare. Ciò in quanto il diritto alla restituzione dell’Iva erroneamente applicata «a certe operazioni esenti o non imponibili» è pieno, efficace ed esercitabile al momento della liquidazione periodica, e, quindi «detto termine non potrebbe decorrere - come sostiene la parte contribuente - dalla data del termine ultimo previsto per la dichiarazione ai fini della detrazione, poiché detrazione e rimborso d’imposta sono manifestazioni alternative del medesimo diritto, ancorché non subordinate ai medesimi presupposti, sicché il decorso del termine previsto per avvalersi della facoltà di rimborso non potrebbe essere di certo collegato con una modalità alternativa di esercizio del medesimo interesse, modalità che opera separatamente ed in ragione di differenti presupposti».
L’ordinanza n. 21414/2017 della Cassazione