Controlli e liti

Ripartono le notifiche del Fisco ma l’urgenza va sempre provata

Se ci sono ragioni di indifferibilità gli atti non sono annullabili nonostante il divieto ex Dl 32/2020

ADOBESTOCK

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Se il Fisco notifica le comunicazioni di irregolarità e gli avvisi di accertamento entro la fine del 2020, malgrado il divieto di cui all’articolo 157, Dl 34/2020, dovrebbe motivare le ragioni di indifferibilità e urgenza che lo legittimano. In difetto, si ritiene tuttavia che gli atti non siano annullabili, qualora l’ufficio dimostri in concreto l’effettiva esistenza delle suddette ragioni.
Sono le considerazioni sollecitate dagli avvisi che in questi giorni stanno pervenendo ai contribuenti, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore.

La norma di riferimento
L’articolo 157 del decreto Rilancio, al comma 1, stabilisce che i provvedimenti impositivi (atti di accertamento e non solo) in scadenza alla fine del 2020 devono essere emessi entro tale termine ma devono essere notificati necessariamente l’anno prossimo. Ne deriva che durante l’anno in corso è fatto divieto di notificare i suddetti accertamenti.
Ma vi è di più. Poiché il differimento delle operazioni di notifica è motivato con la finalità di “favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali” (si veda la rubrica dell’articolo), la medesima esigenza si pone, a maggior ragione, con riguardo agli atti di accertamento che scadono in annualità successive. La conferma è contenuta nella circolare 25/E/2020 (risposta a quesito 3.10.1). Il comma 2 del citato articolo 157 estende il divieto di notifica, tra l’altro, alle comunicazioni di irregolarità emesse in esito ai controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, Dpr 600/1973. In questo caso, la preclusione è assoluta, a prescindere quindi dalle annualità interessate.
Sia per le comunicazioni che per gli atti di accertamento è tuttavia fatta salva la facoltà di notifica in presenza di ragioni di indifferibilità e urgenza.

Le ragioni di urgenza
Nella circolare 25/E è stato affrontato in modo specifico il tema della ricorrenza delle situazioni che consentono di superare il divieto di notifica. Vengono in particolare esemplificate tre fattispecie.
La prima riguarda gli atti che comportano la comunicazione di una notizia di reato. Si pensi ad esempio all’emissione o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Oppure al mancato versamento di Iva risultante dalla dichiarazione annuale per importo superiore a 250.000 euro.
La seconda fattispecie attiene gli atti destinati a soggetti sottoposti a procedure concorsuali, al fine della tempestiva insinuazione nel passivo.
L’ultima, per vero la più insidiosa, riguarda l’ipotesi in cui si ravvisi il fondato pericolo per la riscossione del credito erariale. Si tratta, ad esempio, del caso in cui l’ufficio chieda l’adozione delle misure cautelari, ai sensi dell’articolo 22, Dlgs 472/1997. Si ricorda che per poter ravvisare una simile condizione non basta la mera incapienza del patrimonio del debitore rispetto al debito erariale, poiché occorre altresì che il comportamento del contribuente sia idoneo a disperdere il suo patrimonio. Si pensi al soggetto che vende o ipoteca beni immobili o alla società che si mette in liquidazione e inizia a cedere gli asset aziendali.

Il nodo della motivazione
Si pone pertanto il problema di indicare espressamente le ragioni dell’indifferibilità e urgenza nel corpo del provvedimento impositivo.
Negli atti che si è avuto modo di vedere sinora una motivazione espressa manca. Va detto peraltro che mentre per le fattispecie penalmente rilevanti e per i soggetti in procedura concorsuale la motivazione è ravvisabile icto oculi, il pericolo per la riscossione non sempre è percepibile dal contribuente.
La soluzione al problema dovrebbe risiedere nel consolidato orientamento della Cassazione in materia di accertamenti emessi ante tempus, prima dei 60 giorni dalla consegna del Pvc. Al riguardo, si ricorderà che la deroga a tale temine dilatorio è ammessa in presenza di casi di particolare e motivata urgenza.
Sul punto, è intervenuta la Cassazione, confermando in primo luogo che la reiterata violazione di norme penali come pure il pericolo per la riscossione costituiscono motivi di urgenza (2587/2014). È stato altresì precisato che in caso di accertamento ante tempus “il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (27623/2018 e 32081/2019).
Applicando gli stessi concetti, stante l’evidente analogia dei casi, sembra quindi corretto affermare che l’atto privo della indicazione delle ragioni di indifferibilità e urgenza è nullo solo se, in presenza di una eccezione del contribuente, l’ufficio non riesce a provarne l’effettiva esistenza.

GLI ESEMPI CONCRETI

Fatture inesistenti
Un contribuente ha ricevuto nel 2018 un Pvc con la contestazione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. L’ufficio ha notificato a settembre un avviso di accertamento per infedeltà della dichiarazione.
Ai sensi dell'articolo 157 del Dl Rilancio, è vietato notificare nel corso del 2020 atti di accertamento in scadenza a fine anno. Secondo la circolare 25/E/2020, tale divieto si estende agli accertamenti che scadono negli anni successivi. Sono tuttavia fatti salvi i casi di indifferibilità e urgenza. Tra questi, vi è quello relativo alle violazioni penalmente rilevanti. L’atto è quindi legittimo.
Beni non «capienti»
Un contribuente ha ricevuto nel 2017 un Pvc recante una contestazione per 800.000 euro. Non ha redditi e beni capienti rispetto alla pretesa. Non ci sono rilievi penali. L’ufficio può procedere alla notifica di un atto di accertamento?
Sebbene la sussistenza del pericolo per la riscossione costituisca, in astratto, motivo di urgenza che consente di superare il divieto di cui all’articolo 157, decreto Rilancio, allo scopo non è sufficiente l’incapienza del patrimonio del debitore. Occorre anche il compimento di atti idonei a disperdere i beni del contribuente, quali la cessione dei cespiti.
Dichiarazione 2017
L’ufficio ha notificato a settembre una comunicazione di irregolarità, emessa ai sensi dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, relativa alla dichiarazione presentata nel 2017. È corretto?
Si ritiene che la risposta sia negativa. L’articolo 157 del Dl Rilancio, al comma 2, dispone il divieto generalizzato di notifica delle comunicazioni di irregolarità, a prescindere dalle annualità interessate. Non può ravvisarsi l’imminenza della scadenza del termine decadenziale, poiché trova applicazione la proroga al 31 dicembre 2022, prevista nell’articolo 12, Dlgs 159/2015.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©