Contabilità

Ristrutturazione dei debiti, Oic 6 da rivedere

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di Raffaele Marcello

L’attuazione delle nuove disposizioni del decreto legislativo 139/2015 ha comportato nel dicembre 2016 la ri-pubblicazione da parte dell’Organismo italiano di contabilità di 19 “vecchi” principi e la pubblicazione di un nuovo principio contabile: l’Oic 32 sugli strumenti finanziari derivati ( VAI AL DOSSIER SUI NUOVI OIC ).

La revisione organica dei principi contabili nazionali ha rappresentato un’occasione propizia per una riconsiderazione “stilistica” dei documenti, in ragione anche del fatto che l’articolo 9-bis del decreto legge 91/2014 ha sancito formalmente che l’Oic è l’«istituto nazionale per i principi contabili», ossia, come si direbbe in ambito internazionale, lo standard setter nazionale.

Il progetto di riesame dell’insieme dei principi contabili nazionali “storici” ha rappresentato anche l’occasione per iniziare a gettare le basi sulla revisione di alcuni progetti che sono rimasti incompiuti, stante che ovviamente l’urgenza e la richiesta esplicita del legislatore dell’articolo 12 del decreto 139/2015 era di fornire le interpretazioni tecniche adeguate per l’implementazione delle nuove norme per i bilanci dell’esercizio 2016.

Uno dei progetti incompiuto concerne la revisione dell’Oic 6, Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio. Il principio esamina le operazioni di ristrutturazione intese essenzialmente come «un’operazione mediante la quale il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato».

Secondo il personale punto di vista di chi scrive, la parte del documento che oggi, dopo circa sei anni dalla sua originaria emanazione, necessita di un’imprescindibile riconsiderazione concerne la contabilizzazione degli oneri di ristrutturazione, laddove il Principio dispone che «[i] costi direttamente riconducibili ad un’operazione di ristrutturazione del debito sono rilevati nell’esercizio del loro sostenimento e/o maturazione all’interno degli oneri straordinari del conto economico». Premesso che l’area straordinaria è stata eliminata e che, quindi, i menzionati costi dovrebbero essere imputati per natura sulle restanti voci (per esempio, i costi di professionisti in B7. Costi della produzione per servizi), il trattamento appare migliorabile, alla luce anche degli eventi successivi alla sua pubblicazione, dal punto di vista della rappresentazione contabile del fenomeno sottostante.

Si deve ricordare che le società che devono (o decidono) di adottare il costo ammortizzato possono ripartire, in ragione della revisione del “nuovo” paragrafo 73 dell’Oic 19, Debiti, in presenza di variazioni non “sostanziali” del debito, gli oneri derivanti dalla ristrutturazione lungo la durata del rimborso rettificando il debito dell’importo connesso agli oneri e ripartendo gli stessi in base al tasso di interesse effettivo, come “normalmente” avviene per i costi di transazione.

Resta il problema per le società che non applicano il costo ammortizzato o per le società che, pur applicando il criterio, si trovano a rilevare operazioni di ristrutturazione con variazione sostanziale del debito. Per queste, l’attuale trattamento contabile appare, oltre che “punitivo” rispetto alle società che adottano il richiamato criterio del costo ammortizzato, non in linea con la sostanza dell’operazione. L’imputazione integrale dei costi al momento del sostenimento potrebbe, infatti, non coincidere (anzi, solitamente non coincide, soprattutto in presenza di procedure concorsuali, come nel caso del concordato ex articolo 161 della legge fallimentare) con il momento dell’ottenimento del beneficio (in primis, la riduzione del debito).

Le strade perseguibili sono due. La soluzione preferibile consiste nel ripartire a quote costanti gli oneri a partire dal momento in cui l’accordo è stato accettato; tali oneri, così facendo, sarebbero ripartiti lungo la durata dell’accordo. Una soluzione alternativa potrebbe comportare che gli oneri di ristrutturazione, correlando gli stessi con i connessi proventi, siano sospesi sino all’ottenimento del beneficio (la riduzione del debito).

In ultimo, si rileva che l’attuale trattamento può pregiudicare, non tanto gli accordi (poiché il ceto creditizio normalmente è interessato al rimborso e quindi ai flussi finanziari) quanto l’aspetto economico, rischiando di incidere sugli elementi reddituali e patrimoniali. Si pensi che a oggi delle società di capitali attive soggette a concordato preventivo che hanno depositato il bilancio dell’esercizio 2015, quindi redatto con le norme ante decreto 139/2015, circa il 42% ha un patrimonio netto negativo. L’imputazione “anticipata” dei costi sicuramente può aver interessato questo fattore, rendendo - con un’imputazione contabile quanto meno opinabile - critica una situazione che al contrario la procedura aspira a salvare.

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