Imposte

Ristrutturazioni, anche per i condomini minimi la chance del 50%

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di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico


Per usufruire dell’incentivo fiscale, in assenza dell’amministratore e di un codice fiscale «condiviso», i contribuenti devono riportare in dichiarazione i dati del condomino che ha eseguito il pagamento.

L’ultima legge di Bilancio (precisamente l’articolo 1, comma 3 della legge 205/2017) ha confermato la detrazione fiscale del 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia, eseguiti dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2018, riguardanti sia i singoli alloggi che le parti comuni degli edifici condominiali, fissando un limite massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare.

La legge prevede che sia compito dell’amministratore effettuare il bonifico bancario «parlante» alla ditta o al professionista che ha eseguito i lavori (in forma cartacea oppure online), requisito essenziale per accedere al bonus. La detrazione spetta a ogni singolo condomino in base alla rispettiva quota millesimale di proprietà o, come ha specificato l’agenzia delle Entrate, «in base ai diversi criteri applicabili ai sensi degli articoli 1123 e seguenti del Codice civile». A condizione, però, che tale quota sia stata versata al condominio entro i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi.

L’amministratore rilascia quindi ai singoli condòmini una certificazione riportante il totale delle spese sostenute nell’anno di riferimento e la quota parte millesimale imputabile a ciascun partecipante.

Fin qui nulla di particolare, se non fosse che vi sono edifici sprovvisti di amministratore e codice fiscale. Soltanto i condomini con più di otto partecipanti sono, infatti, obbligati a nominare un amministratore, mentre per tutti gli altri la nomina è facoltativa. Si tratta dei cosiddetti «condomini minimi», che nella forma più estrema sono formati da due soli partecipanti, ai quali è data la possibilità, nel caso in cui non trovino un accordo su un determinato aspetto riguardante le parti comuni, di rivolgersi all’autorità giudiziaria, che dirime la questione.

Anche questi particolari tipi di condominio possono beneficiare del bonus ristrutturazione, come ha chiarito a più riprese l’agenzia delle Entrate, in ultimo con la circolare 3/E del 2 marzo 2016, secondo cui il pagamento deve essere sempre effettuato con bonifico bancario o postale (sul quale è operata la ritenuta d’acconto da parte di banche o Posta). Non essendovi però un codice fiscale condominiale, i contribuenti dovranno riportare nei modelli di dichiarazione le spese sostenute indicando il codice fiscale del condomino che ha materialmente eseguito il bonifico.

In sede di controllo è necessario dimostrare che gli interventi sono stati effettuati sulle parti comuni dell’edificio e, qualora per la presentazione della dichiarazione il contribuente si rivolga a un Caf o a un intermediario abilitato, lo stesso contribuente è tenuto a esibire, oltre alla generica documentazione, un’autocertificazione che attesti i lavori effettuati e indichi i dati catastali degli immobili del condominio.

È bene ricordare che, oltre agli interventi di manutenzione ordinaria (per esempio, la tinteggiatura di pareti e soffitti, l’impermeabilizzazione di tetti e terrazze o la verniciatura delle porte) e straordinaria, nel bonus ristrutturazione rientrano le opere di restauro e risanamento conservativo, gli interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi (per esempio un terremoto) e quelli che eliminano le barriere architettoniche o favoriscono la mobilità delle persone con gravi disabilità. E ancora, le opere utili a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi (per esempio l’installazione di videocamere di sorveglianza) e i lavori di bonifica dell’amianto nonché l’insieme delle opere volte a evitare gli infortuni domestici.

Per approfondire: Condominio - Guida per amministratori e condomini di Marco Panzarella e Silvio Rezzonico

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