Ristrutturazioni senza maggioranza dei creditori
La legge delega prefigura una nuova sistemazione delle misure di composizione stragiudiziale della crisi d’impresa già oggi disciplinate dalla legge fallimentare, quali gli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti dall’art. 182-bis e gli accordi con gli intermediari finanziari (art. 182-septies). L’intenzione del legislatore, dichiarata espressamente, è quella di «incentivare» queste misure, ampliandone l’area di applicabilità.
Per quanto riguarda gli accordi previsti dall’art. 182-bis, la legge prevede, per l’ipotesi in cui l’accordo non abbia a oggetto una dilazione dei pagamenti a favore dei creditori estranei e non richieda la concessione di protezioni nel corso delle trattative, l’eliminazione o l’abbassamento delle soglie minime di adesione. Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono contratti di diritto privato tra l’imprenditore in crisi e i suoi creditori sottoposti all’omologazione del tribunale, il quale la concede a condizione che l’accordo sia stato redatto nel rispetto di alcuni requisiti formali e sia stato approvato da tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, ferma la necessità di pagare integralmente i creditori estranei entro 120 giorni dall’omologazione (quanto ai crediti già scaduti) o dalla scadenza (quanto ai crediti non ancora scaduti). In ogni caso l’omologazione da parte del tribunale comporta nei confronti di tutti i creditori l’automatico divieto, per 60 giorni, di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore; e quest’ultimo può chiedere che tale divieto operi anche nel corso delle trattative, facendone richiesta al tribunale anche prima di depositare l’accordo.
Ora, con le nuove norme, gli accordi di ristrutturazione potranno essere omologati anche in presenza di adesioni inferiori al 60% dei crediti (o addirittura in assenza di soglie minime), a condizione che gli accordi stessi prevedano il pagamento immediato dei creditori estranei e che l’imprenditore non pretenda la concessione del divieto di azioni esecutive o cautelari anche nel corso delle trattative. Ciò per incentivare il ricorso a questo strumento di composizione della crisi, che ha avuto nella pratica uno scarso successo.
Quanto agli accordi con gli intermediari finanziari previsti dall’art. 182-septies, la legge ne vorrebbe estendere la disciplina anche agli accordi raggiunti con soggetti diversi a determinate condizioni. Se, fino a oggi, l’art. 182-septies ha costituito un accordo di ristrutturazione di natura speciale, perché relativo alla sola ipotesi in cui i creditori fossero rappresentati dalle banche, in futuro la sua applicazione dovrà prescindere dalla qualità soggettiva dei creditori. In sintesi, nella versione attuale la norma prevede che, quando l’indebitamento verso le banche sia pari almeno alla metà dell’indebitamento complessivo, la disciplina contenuta nell’art. 182-bis possa venire integrata da disposizioni ulteriori, consistenti nel fatto che l’accordo «può individuare una o più categorie» tra le banche stesse «che abbiano fra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei». In tal caso, l’imprenditore può chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, purché siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e purché i crediti delle banche aderenti rappresentino il 75% dei crediti della categoria. Nella sostanza, l’art. 182-septies estende ad alcuni creditori gli effetti di accordi stipulati con altri creditori, in deroga all’art. 1372 del Codice civile, secondo il quale i contratti hanno effetto di legge fra le parti e solo tra le parti.
Nella sua nuova versione, tale possibilità di derogare al principio generale potrà essere estesa anche ad accordi conclusi con soggetti diversi dalle banche, a patto che l’accordo non sia puramente liquidatorio e che i creditori aderenti rappresentino almeno il 75% dei crediti «di una o più categorie economicamente omogenee». Ciò, di nuovo, al fine di incentivare il debitore a ricorrere a strumenti di composizione stragiudiziale della crisi.
La riforma fallimentare approvata definitivamente dal Senato