Adempimenti

Ritenute, lo split payment manda fuori giri il nuovo Durf

Sono molte le imprese che non hanno la possibilità di ottenere la nuova certificazione in maniera strutturale

di Giuseppe Latour

Il documento unico di regolarità fiscale viene messo fuori giri dallo split payment. Ma trova gravi problemi di applicazione anche rispetto ai consorzi e alle società consortili. Oltre alle imprese con perdite di bilancio.

La nuova certificazione

La certificazione che salva gli appaltatori dai pesantissimi nuovi adempimenti in materia di ritenute fiscali sta mostrando, in questa fase, alcuni grandi limiti strutturali. A pochi giorni dalla scadenza del primo termine per produrre il certificato (il 24 febbraio scorso) e in vista della seconda scadenza, fissata al 23 marzo prossimo per gli appaltatori e i subappaltatori, è arrivato il momento di qualche bilancio iniziale, basato sulle segnalazioni di soggetti che si trovano nell’impossibilità strutturale di ottenere un Durf positivo. E che avrebbero bisogno di chiarimenti da parte dell’agenzia delle Entrate, in vista della scadenza della moratoria sulle sanzioni, fissata dalla circolare 1/E, in calendario per il prossimo 30 aprile.

Il paletto dei versamenti

A creare più problemi, tra i quattro paletti fissati dall’articolo 4 del decreto legge 124/2019, è sicuramente il requisito dei versamenti. La regola prevede che, negli ultimi tre anni, siano stati registrati nel conto fiscale dell’impresa appaltatrice che chiede la certificazione versamenti per almeno il 10% dell’ammontare dei ricavi o dei compensi indicati nelle dichiarazioni. Succede, però, che quelle imprese che, in larga parte, operino con la pubblica amministrazione si stiano trovando ad avere pochi versamenti Iva, perché molti di questi transitano dallo split payment.

Questo abbattimento dei versamenti Iva riduce la quota da conteggiare nel calcolo del 10% e rende, in molte situazioni, strutturalmente irraggiungibile il requisito. E, quindi, rende l’impresa irregolare rispetto all’emissione del nuovo certificato.

Va sottolineato che questa è una situazione molto frequente per chi è impegnato nel campo degli appalti. Sulla quale bisognerebbe intervenire, consentendo di conteggiare in qualche modo l’Iva che viene liquidata direttamente all’erario dai committenti.

Le imprese in perdita fiscale

Ma non è l’unica situazione problematica che sta prendendo forma in questi primi giorni. Basti pensare a un’impresa che sia in perdita fiscale, perché magari sta attraversando una fase difficile della sua attività. È frequente, infatti, che a una forte perdita di bilancio si accompagni anche una perdita fiscale. Anche in questi casi sarà difficile rispettare il requisito legato ai versamenti.

Il problema dei consorzi

Difficoltà sono probabili, poi, anche per i consorzi e le società consortili che siano state create appositamente per accedere a bandi di gara. Questi soggetti, utilizzati con molta frequenza, ribaltano l’esecuzione delle opere e dei servizi sui propri soci: in questo modo hanno pochi dipendenti, soprattutto per gestire l’amministrazione, e pochissimi versamenti.

Anche per loro è virtualmente impossibile rispettare il paletto del 10%, dal momento che tendono a chiudere il bilancio con qualche perdita o margini molto bassi.

E non dimentichiamo che, in alcune situazioni, questi problemi potrebbero presentarsi anche in maniera combinata. Può succedere che un’impresa in perdita sia anche in regime di split payment: quindi, niente versamenti Iva in una situazione generale di versamenti sul conto fiscale già molto scarsi. Per tutte queste situazioni, allora, servirebbero chiarimenti.

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