Imposte

Rivalutazione dei beni, dal saldo attivo un aiuto alle imprese in difficoltà

La riapertura dei termini consente di rivalutare con o senza indicarlo nel modello Redditi

di Stefano Mazzocchi

L’ennesima riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni d’impresa e la conseguente iscrizione della riserva in sospensione d’imposta nelle poste del patrimonio netto, presenta delle opportunità per la generalità delle imprese, ma soprattutto per quelle in crisi. Questo assunto trova una conferma nell’analisi da un lato della normativa e dall’altro delle interpretazioni ministeriali che si registrano in materia: l’agenzia delle Entrate ha in più occasioni interpretato in modo estensivo l’impiego di questa opzione rivalutativa.

A ben vedere, già la possibilità di optare o meno per l’affrancamento del saldo attivo di rivalutazione consente all’impresa una sensibile flessibilità comportamentale; tuttavia, al fine di consentire l’iscrizione contabile di questa posta di patrimonio netto è necessario effettuare la rivalutazione dei beni iscritti o da iscrivere all’attivo patrimoniale. Nella situazione descritta, si pone l’attenzione sul fatto che l’imprenditore che avverta difficoltà economiche e finanziarie relativamente al bilancio 2019, potrebbe trovare in questa misura un valido “salvagente”.

È indubbio che nonostante l’imposta sostitutiva da pagare per la rivalutazione dei beni d’impresa possa essere rateizzata nel tempo, si potrebbero manifestare alcune opzioni d’impiego della norma di sicuro interesse da parte dell’imprenditore pur in assenza degli idonei mezzi finanziari connessi al pagamento dei tributi dovute. Sotto questo profilo, appaiono essere almeno due le opzioni da considerare:

1) i beni sono rivalutati in contabilità con la conseguente indicazione nel modello Redditi, ma l’imposta non è del tutto versata o in misura inferiore al dovuto. In tal caso - come più volte riportato nei documenti di prassi dell’Agenzia (ad esempio si veda la circolare 13/E del 4 giugno 2014) - la rivalutazione ha comunque una rilevanza fiscale per l’importo contabilizzato sia nel bilancio 2019, sia nell’inventario e sia in nota integrativa, indipendentemente dal versamento, che qualora fosse omesso o incompleto potrà in qualsiasi momento essere sanato, anche tramite il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso. A completamento di quanto ricordato, sarebbe opportuno che sulle somme non versate fossero accantonate in bilancio le sanzioni e gli interessi dovuti, senza ipotizzare eventuali ravvedimenti in corso d’opera;

2) l’attivo patrimoniale è rivalutato nelle scritture contabili ma senza l’indicazione di tale agevolazione nel Modello Redditi, né tanto meno senza il pagamento dell’imposta dovuta. È certamente il caso più complesso, che vede l’imprenditore realizzare civilisticamente la rivalutazione accantonando anche la relativa imposta sostitutiva. Nel contesto descritto l’Agenzia ricorda che «l’esercizio dell’opzione per la rivalutazione dei beni d’impresa è senz’altro perfezionato con l’indicazione in dichiarazione dei redditi». Tuttavia la norma istitutiva non prevede quest’obbligo fiscale, bensi l’obbligatorietà dell’indicazione nel bilancio, inventario e in nota integrativa della rivalutazione dei beni e della conseguente iscrizione della riserva da rivalutazione. A sostegno ulteriore di questa tesi, la stessa Agenzia ricorda che nel caso in cui la rivalutazione sia stata effettuata in modo incompleto rispetto ai beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, non è possibile ricomprendere nell’agevolazione- post approvazione del bilancio - gli assets non rivalutati, “poiché è di ostacolo la mancata imputazione” in contabilità della riserva da rivalutazione (cfr. paragrafo 5 della circolare 13/E del 2014) relativa appunto ai beni esclusi dall’imprenditore.

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