Imposte

Rivalutazione dei marchi, Agenzie territoriali divise

La Dre Veneto chiude alla chance per i beni non iscritti nell’attivo. La Lombardia invece si è espressa a favore di questa possibilità

immagine non disponibile

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Una chiusura dei bilanci all’insegna dell’incertezza. Sulle imprese e sui professionisti che le assistono resta la grande incognita legata ai riallineamenti e alla rivalutazione dei beni immateriali. Le preoccupazioni per il gettito che hanno spinto il Governo e l’amministrazione finanziaria ad accendere i fari sulla norma e a studiare possibili correttivi (si veda l’articolo) non hanno trovato un’immediata traduzione normativa nel decreto Sostegni. Ma il problema rischia di essere stato solo posticipato a un altro veicolo con l’aggravante dei giorni che passano e del sempre minor tempo a disposizione in vista della chiusura e dell’approvazione dei bilanci.

A questa incertezza a livello di norma primaria se ne aggiunge anche una interpretativa. Qui la questione riguarda più nello specifico la possibilità di rivalutare i beni immateriali (come, tra gli altri, marchi e know how) non iscritti nello stato patrimoniale. Nell’attesa di una posizione a livello centrale dell’agenzia delle Entrate, aveva lasciato ben sperare gli addetti ai lavori la risposta a interpello 904-2406/2020 della Dre Lombardia che aveva aperto alla rivalutazione del know how aziendale.

A questa posizione ora invece si contrappone la direzione regionale del Veneto che nella risposta all’interpello 907-1726/2020 ha chiuso le porte alla rivalutazione dei marchi autoprodotti. La Dre Veneto, infatti, ritiene di «non poter ammettere la rivalutazione se i beni immateriali non sono mai stati iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale». I marchi autoprodotti in questione «non sono mai stati né ammortizzati, né iscritti tra le immobilizzazioni dello stato patrimoniale». Quindi, secondo la linea di pensiero della Dre Veneto, «non si ritiene pertanto possibile riconoscere agli stessi un “valore fiscale” oggetto di potenziale rivalutazione» in quanto si tratta di t«asset che, ancorché giuridicamente tutelati, non corrispondono a una specifica appostazione contabile nello stato patrimoniale dell’impresa, nei termini richiesti dall’articolo 110 del Dl 104 del 2020 e dalle altre norme, primarie e secondarie, cui tale articolo fa richiamo». E la posizione è negativa anche sulla possibilità di far confluire la rivalutazione dei marchi autoprodotti in quella di beni con valore unitario inferiore a 516,46 euro in quanto «disposizione espressamente rivolta e limitata ai beni materiali ammortizzabili».

Dunque una chiusura su tutta la linea che però rischia di minare ulteriormente la certezza del diritto in una fase come quella attuale, in cui i bilanci devono tenere in considerazione le tante variabili introdotte e autorizzate proprio per attenuare gli effetti della crisi economica connessa alla pandemia.

La questione di fondo però sta tutta nel capire se, come e quando si deciderà di intervenire sulla norma dei riallineamenti. Come anticipato, c’è un pericolo di perdita erariale per Ires e Irap: l’emendamento “Garavaglia” alla manovra che ha aperto alla chance di riallineare il valore civilistico e fiscale per beni immateriali e soprattutto avviamento solo con un’imposta sostitutiva del 3% rischia di essere stato ampiamente sottostimato. A fronte di un costo presunto di appena 14 miliioni, il forte appeal della misura potrebbe portare a dedurre ammortamenti nei prossimi anni che ridurranno fortemente la base imponibile dell’Ires. Nell’approvazione finale della legge di Bilancio, non si riuscì a modificare l’emendamento anche se le possibili direttrici di intervento erano ben chiare: modifica della platea dei beni ammessi alla rivalutazione e contestuale aumento dell'imposta sostitutiva oppure un allungamento del periodo di ammortamento fiscale. Non essendo entrato un correttivo nel decreto Sostegni, la modifica potrebbe trovare spazio nel Dl che il Governo dovrebbe varare ad aprile con l’annunciato nuovo scostamento da far approvare alle Camere in concomitanza con il Def (documento di economia e finanza pubblica) e che dovrebbe imbarcare anche il restyling di «Transizione 4.0».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©