Contabilità

Rivalutazione senza vincoli per fabbricato e terreno

Con la perizia facoltativa chance per optare per un solo immobile. Spiragli per l’affrancamento di beni immateriali non presenti in bilancio

di Giorgio Gavelli

In chiusura dei bilanci 2020 le imprese stanno attentamente valutando l’opportunità di rivalutare (ovvero riallineare) i beni immobilizzati, nei limiti di quanto previsto dall’articolo 110 del Dl 104/2020, facoltà su cui il 5 marzo è stata diffusa la circolare Assonime 6/2021 (si veda l’articolo). I molteplici aspetti positivi di questa disciplina sono noti:

• possibilità di scegliere tra una maggiorazione di valore con effetto solo contabile/civilistico ovvero con efficacia anche fiscale (senza tralasciare il mix di entrambe le opzioni, che non sembra vietato);

• imposta sostitutiva estremamente contenuta (3%) se non si prende in considerazione l’affrancamento del saldo;

• effetto fiscale sin dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è contabilizzata (ad eccezione degli atti realizzativi, per i quali l’effetto è traslato all’inizio del quarto esercizio successivo);

• abbandono del concetto (assai vincolante) di «categoria omogenea» per i beni oggetto di rivalutazione.

Proprio quest’ultimo aspetto pone delle riflessioni sul binomio «fabbricato/terreno pertinenziale»: si tratta di un unico bene – per cui la rivalutazione deve interessare forzatamente entrambe le componenti – o di due beni distinti, cosicché l’impresa è libera di scegliere se rivalutare uno solo ovvero entrambi?

Ricordiamo che l’articolo 36, comma 7, del Dl 223/2006, ha statuito che, ai soli fini della determinazione delle quote di ammortamento deducibili, il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto di quello delle aree pertinenziali. Mentre il principio Oic 16 (paragrafo 60) impone la contabilizzazione distinta, anche perché il fabbricato costituisce bene ammortizzabile, mentre il terreno (salvo casi limite) è un bene a vita utile non definita.

La risposta al quesito è semplice se l’impresa opta per la rivalutazione con effetti esclusivamente contabili e non fiscali: i beni vanno tenuti distinti e la rivalutazione può riguardare solo uno o entrambi.

In caso di rivalutazione fiscale, l’Amministrazione finanziaria ha tenuto nel tempo un atteggiamento incostante:

• con circolare 1/E/2007 l’Agenzia stabilì il principio che una volta determinato il valore dell’area (con il costo specifico o con il “forfait” del 20% o del 30%), esso si sarebbe poi mantenuto nel tempo, e che eventuali costi incrementativi capitalizzati e rivalutazioni andavano riferiti «esclusivamente al valore del fabbricato e non anche al valore dell’area»;

• con circolare 22/E/2009 fu, invece, affermato che il contribuente può scegliere liberamente se rivalutare l’area e/o il fabbricato, che costituiscono due beni differenti.

Si ritiene che, nonostante il venir meno delle «categorie omogenee», quest’ultima conclusione vada applicata anche alla rivalutazione disciplinata dall’articolo 110 del Dl 104/2020: nella perizia (non obbligatoria ma opportuna) richiesta dall’organo amministrativo, il tecnico incaricato riporterà il valore di entrambi i beni, e l’impresa (così come non è obbligata a iscrivere l’intero maggior valore emergente dalla perizia) non dovrebbe neppure essere vincolata nella scelta, potendo, ad esempio, optare per rivalutare il solo fabbricato e non il terreno, in quanto la convenienza ad acquisire con rilevanza fiscale il maggior valore di quest’ultimo è legato solo ad una possibile cessione futura (a partire dal 2024), che potrebbe essere ritenuta poco probabile. In questo senso si esprime anche Assonime.

Altro tema da “smarcare” riguarda la possibilità di rivalutare beni immateriali giuridicamente tutelati (quali ad esempio i marchi) non presenti nel bilancio precedente a quello in chiusura. Sino ad ora la risposta positiva (del tutto prevalente in dottrina) si basava su quanto a suo tempo sostenuto con riferimento ai beni già iscritti e interamente ammortizzati (circolare 14/E/2017 e documento interpretativo Oic 7 in bozza). Ora si aggiunge, sempre in senso favorevole, la risposta a interpello n. 904-2406/2020 della direzione regionale della Lombardia riguardante la rivalutazione del know-how aziendale.

La Dre valorizza il requisito della tutela giuridica dell’immobilizzazione immateriale, per quanto venga richiamata una “iscrizione nei registri previsti dalle vigenti disposizioni” che pare, in tante situazioni, fuori luogo. Assonime auspica un pronto chiarimento ufficiale con riferimento ai beni immateriali i cui costi sono transitati esclusivamente da conto economico e a quelli non registrati (ad esempio «marchio di fatto»).

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