Sas, salvo il patto di famiglia
In caso di trasferimento di quote di una Sas con patto di famiglia, ex articoli 768-bis e seguenti del Codice civile, l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni (articolo 3, comma 4-ter, Dlgs 346/90) compete non solo per gli accomandatari, ma anche per le quote dei soci accomandanti.
A queste conclusioni è pervenuta la Dre del Lazio, con la risposta all’interpello ordinario 913-6/2018, proposto da una società immobiliare in base all’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 212/2000.
Muovendo dal dato letterale della legge e richiamando la propria prassi (circolari 3/E/08, paragrafo 8.3.2 e 18/E/13, paragrafo 5.3 e risoluzione 446/E/08), per l’agenzia delle Entrate il trattamento tributario di favore trova applicazione anche qualora il patto di famiglia abbia a oggetto partecipazioni in una Sas, in quanto «accomandatari ed accomandanti, ciascuno con i suoi poteri e limiti (…) danno complessivamente e unitariamente vita alla gestione dell’impresa.
Anche i discendenti che subentreranno con il patto di famiglia in una Sas «svolgono attività d’impresa, a prescindere dalla qualifica da ognuno rivestita nell'ambito societario».
La risposta fornita dalle Entrate conferma, quindi, che un trasferimento intergenerazionale di quote anche dei soci accomandanti non è soggetto all’imposta prevista dal Dlgs 346/90, con ciò fugando ogni residuo dubbio anche qualora la partecipazione trasferita non sia utile ad acquisire la maggioranza societaria.
La circolare 3/E/08, infatti, nell’esemplificare chiaramente la sussistenza dell’agevolazione in caso di donazione di una quota di minoranza di una snc, non aveva ivi affrontato altrettanto esplicitamente il riconoscimento del requisito della condizione della “continuazione” imprenditoriale nel caso di donazione di quote dell’accomandante di una sas, lasciando così spazio ad alcune incertezze interpretative ora dissipate.
Vi era, infatti, il timore che per il Fisco la posizione dell’accomandante di una sas potesse essere ritenuta assimilabile (quale mero investitore di capitali in società di persone e con partecipazioni espressive di mero godimento, cioè prive di poteri gestori e con un investimento finanziario statico) al socio di una società di capitali, per il quale, ove si stipuli un patto di famiglia avente a oggetto una partecipazione societaria non idonea a consentire il conseguimento del controllo, non trova applicazione l'esenzione fiscale.
Diversamente, invece, nel passaggio pattizio di quote di una qualsivoglia società di persone per l’agenzia delle Entrate si configura sempre un trasferimento di una posizione di contitolarità imprenditoriale di un’azienda, circostanza che giustifica il riconoscimento dell’esenzione anche perché il reddito imputato per trasparenza a ciascun socio, a prescindere dalla qualifica societaria, è sempre considerato reddito d’impresa.
Poiché, tuttavia, l’agevolazione spetta solo ove i discendenti dichiarino in atto di obbligarsi a continuare l'esercizio dell’impresa (ovvero a mantenere il controllo della società le cui partecipazioni sono oggetto della stipulazione, per almeno 5 anni dalla data del trasferimento), l’esenzione dall'imposta potrà fruirsi, conclude la Dre laziale, solo «nel rispetto degli obblighi dichiarativi e temporali previsti dalla norma».
Dre Lazio, interpello 913-6/2018