Se l’amministratore emette false fatture la Spa può costituirsi parte civile
La società può costituirsi parte civile nel procedimento penale contro l’amministratore responsabile dell’emissione di fatture false e di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di documenti fittizi al fine di richiedere i danni patrimoniali rappresentati dalle sanzioni tributarie e l’eventuale danno di immagine cagionato all’azienda. A fornire questo interessante principio è la Corte di cassazione con la sentenza n. 3458 depositata ieri.
Il presidente del cda di una spa era condannato per i reati di emissione di fatture false e dichiarazione fraudolenta. Nel procedimento penale si era costituita parte civile la società la quale chiedeva i danni all’immagine cagionati dall’imputato (ex presidente del cda) e il danno patrimoniale derivante dagli interessi e delle sanzioni tributarie connesse alle condotte illecite. La difesa invece chiedeva l’esclusione della parte civile, ritenendo che la società non avesse subito alcun danno dalle condotte dell’imputato.
I giudici di merito, accogliendo le richieste della parte civile, condannavano l’amministratore al risarcimento della società ed al pagamento delle spese processuali da essa sostenute. Avverso tale decisione veniva proposto ricorso per cassazione nel quale si lamentava, tra l’altro, che la Corte di appello non avesse escluso la parte civile nonostante fosse priva di legittimazione a costituirsi.
La spa, secondo la ricostruzione difensiva, non era stata danneggiata dalle condotte dell’imputato le quali avevano arrecato un danno soltanto all’Erario e non anche alla società da lui amministrata. La Cassazione non ha ritenuto fondata questa eccezione
Secondo i giudici della Suprema Corte, la legittimazione ad agire anche per l’esercizio dell’azione civile nel processo penale va verificata sulla prospettazione dell’attore (nella specie chi esercita l’azione civile nel processo penale). Occorre cioè tener conto della deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, che attiene, invece, al merito della lite.
Nella specie, il danno prospettato dalla società (di immagine e patrimoniale), e richiesto nei confronti dell’ex rappresentante legale, era certamente proprio e pertanto doveva ritenersi corretta la proposizione della domanda risarcitoria nei confronti di chi era stato individuato come l’autore delle condotte produttive di tale danno.
Nonostante la persona offesa dei reati tributari sia l’agenzia delle Entrate quale titolare dell’interesse protetto, secondo la sentenza non si può escludere che vi siano anche altri soggetti danneggiati dai medesimi reati.
Nella specie, rilevano i giudici di legittimità, è configurabile la responsabilità verso la società da parte dell’imputato anche perché non è stato prospettato un consenso di tutti gli azionisti alla realizzazione delle condotte illecite. Il rappresentante legale commettendo tali violazioni si è reso così inadempiente rispetto alle obbligazioni derivanti dal contratto di mandato in forza del quale ha agito in nome e per conto della società. Egli ha omesso di agire con la diligenza del buon padre di famiglia, avendo realizzato un illecito le cui conseguenze sono ricadute sul patrimonio della società.