Diritto

Senza tasse la cessione d’area al Comune che paga con diritti edificatori

Con l’ordinanza n. 30088 la Cassazione fa il punto sulle convenzioni e sulle “monete” urbanistiche

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di Angelo Busani

È da qualificare come «convenzione urbanistica» la cessione di un’area al Comune che l’acquisisce per finalità di interesse pubblico (ad esempio, la realizzazione di una strada) in corrispettivo dell’attribuzione di «moneta urbanistica», vale a dire di diritti edificatori di natura compensativa. Lo afferma la Cassazione nella ordinanza 30088 del 26 ottobre 2021 nella quale, di conseguenza, si decide che, se la cessione è effettuata da un’impresa, non è soggetta a Iva e, se è effettuata da un privato, sconta l’imposta fissa di registro, in ogni caso con l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale (articolo 32 dpr 601/1973, non abrogato – è bene precisarlo – dal Dlgs 13/2011).

Accordi di natura pubblica

L’ordinanza n. 30088, seppur adottata in materia tributaria, è l’occasione per la Cassazione di fare un pregevole punto della situazione sulla materia della natura dei diritti edificatori e delle convenzioni urbanistiche.

Queste convenzioni, che possono risultare da un unico atto o da un insieme di atti collegati, non sono qualificabili come «contratti» ma come «accordi di diritto pubblico» (articolo 11, legge 241/1990; Cassazione 3058/2020) in quanto entrambi i partecipanti - la pubblica amministrazione e il privato - con esse perseguono un pubblico interesse, vale a dire la conformazione del territorio, mentre nel contratto ogni contraente agisce per la realizzazione di proprio individuale interesse.

Se, dunque, il Comune concede diritti edificatori “in cambio” dell’acquisizione di un’area, non si ha una permuta, in quanto non si configura un sinallagma (e cioè un rapporto di corrispettività tra i partecipanti all’accordo) per la ragione che la stipula della convenzione serve a realizzare «l’interesse pubblico alla pianificazione urbanistica».

Diverso è il caso del contratto di cessione di cubatura con il quale un soggetto privato trasferisce la volumetria pertinente a un fondo di sua proprietà ad altro soggetto: in tal caso si ha (Sezioni unite, 16080/2021) un contratto traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale, con la conseguenza che vi si applica l’imposta di registro con l’aliquota del 3% ai sensi dell’articolo 9 della Tariffa parte prima allegata al Testo unico di cui al Dpr 131/1986.

Diritti compensativi e perequativi

Quanto ai diritti edificatori “compensativi” e alla loro differenziazione dai diritti edificatori di natura “perequativa”, la Cassazione osserva anzitutto che, nel primo caso, si tratta di un ristoro (nascente dall’area di “decollo” e spendibile su un’area di “atterraggio”) attribuito, di norma, a fronte della cessione di un’area da parte di un privato alla pubblica amministrazione oppure della apposizione di un vincolo sull’area appartenente a un privato. Il diritto edificatorio perequativo è invece una qualità intrinseca del suolo, finalizzato a rendere omogenee le sorti dei proprietari di un comparto territoriale interessato da una data retinatura inserita dal pianificatore in uno strumento urbanistico il quale, pertanto, costituisce la fonte del diritto perequativo.

La differenza con i diritti reali

Il giudice della legittimità, inoltre, dopo aver ribadito che le Regioni non possono esercitare potestà legislativa nell’ambito dei rapporti giuridici di diritto civile, vale a dire nel campo dei diritti reali e delle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali (Corte costituzionale 391/1989), conferma «la distanza» dei diritti edificatori dal mondo dei diritti reali (Cassazione 23902/2020 a Sezioni unite, nonché 15312/2021 e 17125/2021), per la principale ragione che, nel caso del diritto edificatorio, manca l’elemento tipico del gravame del diritto reale su un dato fondo, come plasticamente evidenzia la fase nella quale il diritto edificatorio resta “in volo”, e cioè dal momento del suo decollo dal fondo ove si origina fino a quando (e se) si imprime sul fondo di atterraggio. In sostanza, il diritto edificatorio compensativo «non costituisce nulla di diverso da un’indennità ripristinatoria – in moneta urbanistica – di un patrimonio inciso, che il proprietario può valorizzare sul mercato indipendentemente dal suolo generatore».

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