Separazione, esenzione totale anche per gli accordi che coinvolgono terzi
Beneficia dell’esenzione da ogni tributo (articolo 19, legge n. 74/1987) anche il contratto, stipulato in adempimento dell’accordo raggiunto dai coniugi in sede di separazione coniugale, al quale partecipi, come parte contraente, un soggetto diverso dai coniugi stessi: è quanto deciso dalla Ctr Lazio con sentenza 2179/15/2017 , in esito a un giudizio nel quale l’ex marito, adempiendo a un obbligo assunto in tal senso in sede di separazione, aveva comprato un immobile rendendone acquirenti (con la formula del “contratto a favore di terzi”) l’ex moglie, per il diritto di usufrutto, e i due figli minorenni per il diritto di nuda proprietà.
Il contratto era stato registrato in esenzione da imposte, in applicazione della norma di cui all’articolo 19, legge 6 marzo 1987, n. 74, secondo la quale tutti «gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio» sono esenti «dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa». L’amministrazione aveva contestato l’applicazione di questa agevolazione con il motivo della sua ritenuta inapplicabilità ai negozi, sia pur stipulati in adempimento di accordi assunti in sede di separazione coniugale, ai quali partecipino soggetti estranei al nucleo familiare.
Il giudice di primo grado ha accolto i rilievi dell’amministrazione mentre il giudice di secondo grado ha ritenuto l’agevolazione applicabile, in quanto la norma di cui all’articolo 19, legge n. 74/1987 deve essere intesa in senso ampio, vale a dire che il trattamento agevolato, nell’intento del legislatore, deve ritenersi ammissibile nella misura in cui l’atto da compiersi sia funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale, essendo quindi irrilevante che l’atto abbia come contraenti i soli coniugi o che ad esso intervengano anche soggetti terzi. Ciò che rileva per applicare il trattamento fiscale di favore, infatti, è che venga data esecuzione agli accordi assunti nel verbale di separazione consensuale omologato, come nel caso di specie, dove l’ex marito (e padre dei minori) si era assunto l’obbligo di acquistare, a propria cura e spese, un appartamento adatto alle necessità dell’ex coniuge e dei figli minori.
La sentenza di Ctr Lazio si inserisce nel filone, di recente inaugurato nella giurisprudenza di legittimità (e cioè nelle famose sentenze “gemelle” del febbraio 2016: 2111/2016 e 3110/2016), secondo il quale l’accordo tra ex coniugi riguardante la separazione o il divorzio deve essere inteso come un contratto, frutto di una «negoziazione globale» concernente sia gli aspetti personali del rapporto intercorso tra gli ex coniugi che le sue conseguenze patrimoniali) cui la coppia in crisi darebbe corso al fine «della “liquidazione” del rapporto coniugale».
In altre parole, dall’introduzione nel nostro ordinamento della disciplina della “negoziazione assistita” (Dl n. 132/2014) e di quella del “divorzio breve” (legge n. 55/2015), è possibile desumere che l’attuale quadro normativo è caratterizzato da forti toni di «degiurisdizionalizzazione» con la conseguenza che gli accordi tra ex coniugi sempre meno appaiono qualificabili (in tal senso decideva la giurisprudenza tradizionale) come una fattispecie non contrattuale contraddistinta da un contenuto “propriamente detto” e un contenuto meramente “eventuale”.
Allora, se in passato la giurisprudenza era orientata a ritenere solo gli accordi del primo tipo fiscalmente agevolabili con la norma di cui all’articolo 19, legge n. 74/1987, il mutato orientamento della giurisprudenza sospinge all’applicazione dell’esenzione per qualsiasi tipo di pattuizione che trovi causa nell’obiettivo di realizzare una sistemazione patrimoniale conseguente a una separazione coniugale o a un divorzio.
Ctr Lazio, sentenza n. 2179/15/2017