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Servitù su terreno agricolo con registro al 9%: dietrofront sulle liti per gli avvisi con il 15%

La risoluzione 4/E/2021 invita gli uffici ad abbandonare il contenzioso derivante da accertamenti che contestano l’aliquota più elevata

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di Angelo Busani

All’atto costitutivo del diritto di servitù impresso su un terreno a destinazione agricola si applica l’aliquota dell’imposta di registro del 9 per cento e non l’aliquota del 15 per cento. Lo ammette l’agenzia delle Entrate nella risoluzione 4/E/2021, con la quale gli uffici periferici vengono invitati ad abbandonare il contenzioso derivante da avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia ha preteso di applicare l’aliquota del 15 per cento.

L’Agenzia interviene in questa materia in quanto sospinta da un plurimo e univoco pronunciamento della Cassazione (sentenze n. 16495 del 4 novembre 2003, n. 22198, 22199, 22200 e 22201 del 5 settembre 2019 e ordinanze n. 6671 e 6677 depositate il 9 marzo 2020 e n. 22118 depositata il 13 ottobre 2020) contrastante con l’opinione dell’Agenzia, espresso nelle risoluzioni 310163 del 30 maggio 1990 e 92/E del 22 giugno 2000 e con la circolare 18/E del 29 maggio 2013 (paragrafo 4.16). In questi suoi documenti, l’Agenzia aveva affermato l’applicabilità dell’aliquota del 15 per cento interpretando in tal senso il termine «trasferimento» utilizzato dal legislatore nell’articolo 1 della tariffa, parte prima, annessa al testo unico dell’imposta di registro (il Dpr 131/1986).

La norma esordisce con l’espressione «atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento» per applicare a questa tipologia di atti l’aliquota del 9 per cento. Poi la norma prosegue dettando aliquote diverse per casi specifici: la “prima casa” (2 per cento), il terreno agricolo (15 per cento), il leasing abitativo (1,5 per cento).

Se non che, quando dispone queste aliquote, la legge non parla più, come nel primo periodo di «atti traslativi … e atti traslativi o costitutivi di diritti reali» ma solo di «trasferimento».

Allora, il problema è se termine «trasferimento» sia da intendere:

• come un’espressione “riassuntiva”, che cioè comprende anche la costituzione di diritti reali (la servitù – per sua natura – non si può “trasferire”, come si può con l’usufrutto, ma si può solo “costituire”);

• oppure come un’espressione “esclusiva”, nel senso che per il «trasferimento» del diritto reale su terreno agricolo si dovrebbe applicare l’aliquota del 15 per cento e che per la “costituzione” del diritto reale su terreno agricolo si dovrebbe applicare l’aliquota del 9 per cento.

Nel senso che si tratti di un’espressione “riassuntiva” depone tutta l’interpretazione sviluppatasi in tema di “prima casa”: è scontato che sia al trasferimento del diritto di proprietà che al trasferimento o alla costituzione del diritto di usufrutto si applica l’aliquota del 2 per cento quando si ha a che fare con una prima casa.

Per la servitù, invece, secondo la Cassazione, non c’entra nulla la natura del fondo (agricolo o non agricolo) su cui la servitù è impressa: per essa si applica in ogni caso l’aliquota del 9 per cento e mai quella del 15 per cento perché la parola «trasferimento» deve essere intesa in senso stretto, non comprensiva del concetto di «costituzione di diritto reale».