Imposte

Servono accordi ad hoc per i redditi dei lavoratori cross-border bloccati dal lockdown

Molti Paesi, tra cui Francia e Germania, stanno sottoscrivendo accordi per evitare le doppie imposizioni

di Michele Citarella

Nelle ultime settimane è aumentata l’attività delle amministrazioni finanziarie di numerosi Paesi del Nord Europa per fronteggiare le conseguenze della crisi sanitaria sui lavoratori. Facendo seguito alle linee guida contenute in una recente analisi del Segretariato Ocse (pubblicata il 3 aprile scorso), le autorità fiscali di Francia, Lussemburgo, Belgio, Germania e Paesi Bassi si sono attivate per convenire le regole da applicare nella interpretazione dell’articolo 15 dei trattati sulla ripartizione della potestà impositiva del reddito derivante dall’attività di lavoro.

La regola del Modello Ocse è che il reddito di lavoro subordinato sia tassato esclusivamente nello Stato di residenza del lavoratore, a meno che l’attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. In base al Commentario, il luogo di svolgimento della prestazione coincide con il luogo nel quale il lavoratore è fisicamente presente nell’esercizio dell’attività connessa al reddito percepito. Il reddito conseguito per l’attività prestata nello Stato diverso da quello di residenza (lavoratori cross-border) sarà ivi tassato e lo Stato della residenza adotterà uno dei meccanismi previsti dall’articolo 23 per l’eliminazione della doppia imposizione.

L’esercizio della potestà impositiva dello Stato della fonte è soggetto alla condizione che il lavoratore vi soggiorni per più di 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato o che il datore di lavoro sia ivi residente o che la remunerazione sia sostenuta da una sua stabile organizzazione ivi localizzata. Qualora queste condizioni non fossero contemporaneamente soddisfatte, sempre secondo il modello Ocse, la potestà impositiva dello Stato della residenza resterebbe esclusiva.

Tra le tante conseguenze dell’emergenza sanitaria in corso c’è anche quella dei lavoratori bloccati in un Paese diverso da quello di residenza o costretti a lavorare - a distanza - dal Paese nel quale si trovavano al momento del lock down.

L’indicazione fornita dall’Ocse ai Paesi membri è quella di non tenere conto, ai fini della tassazione del reddito conseguito dai lavoratori cross-border, delle limitazioni ai trasferimenti e di considerare l’attività lavorativa come se fosse stata svolta nel Paese nel quale questa viene solitamente esercitata.

Le amministrazioni finanziarie di Belgio e Paesi Bassi hanno di recente concluso un accordo con il quale si sono impegnati ad interpretare il trattato in vigore, nel senso che il lavoro prestato dalla propria abitazione a causa delle misure emergenziali adottate, deve considerarsi svolto nel paese nel quale il lavoratore avrebbe prestato la propria attività in assenza di dette misure. Fictio juris da applicarsi in maniera coerente nello Stato di residenza e della fonte, da supportare con evidenze documentali quali le disposizioni del datore di lavoro sull’attività da svolgere in remoto e soggetta alla condizione che il reddito percepito per l’attività svolta da casa sia effettivamente assoggettato a tassazione nel Paese nel quale l’attività si considera svolta.

Accordi simili sono già stati conclusi o sono in corso di negoziazione tra altre amministrazioni finanziarie e alcuni tra questi disciplinano anche aspetti quali, ad esempio, la tassazione del reddito erogato dallo Stato a sostegno del periodo di interruzione lavorativa.

Ulteriori indicazioni per risolvere le tante difficoltà applicative delle norme pattizie sono rinvenibili nelle linee guida dell’Ocse ed è auspicabile che vengano riprese – anche unilateralmente in sede amministrativa, come già hanno fatto diverse autorità fiscali nazionali - per eliminare il rischio di gravose e inique ipotesi di doppia tassazione, o anche solo ulteriori obblighi di compliance, cui imprese e lavoratori potranno essere soggetti in conseguenza dell’epidemia. Tra questi: l’esistenza di una stabile organizzazione nel Paese nel quale si trova il lavoratore; l’acquisizione della residenza fiscale di una società in ragione dello spostamento in un altro Paese della sede di direzione effettiva; il cambiamento dello status di residente di una persona fisica.

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