Imposte

Società interposta con tax credit estero ma delimitato

Escluso il foreign tax credit sulle imposte pagate da ente UK su redditi italiani

di Mauro Cassoni e Paolo Scarioni

Con la risposta a interpello 282/2022, l’agenzia delle Entrate affronta il caso di un cittadino inglese (l’Istante) divenuto fiscalmente residente in Italia a partire dal 2020, che detiene il 100% di una società del Regno Unito ivi residente ai fini fiscali. La società UK (la società), nella quale la madre dell’Istante riveste la carica di amministratore, è titolare dei diritti di sfruttamento economico dell’immagine dell’Istante (sportivo professionista), nonché di altri beni rappresentati da una partecipazione in una società inglese e da crediti per finanziamenti concessi alla predetta partecipata e ad altri soggetti collegati.

Ciò posto, l’Istante chiede di conoscere se la società sia da considerare interposta ai fini fiscali e se, in tal caso, egli possa usufruire del foreign tax credit per l’imposta sul reddito pagata dalla società nel Regno Unito.

L’agenzia delle Entrate, dopo aver ricordato che in base al comma 3 dell’articolo 37 del Dpr 600/1973, «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato (…) che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona», osserva che dalle informazioni desumibili dall’istanza di interpello «è evidente come la stessa (i.e. la società) possa facilmente essere ricondotta all’Istante in quanto è da quest’ultimo partecipata e gestita anche da un soggetto appartenente alla sua sfera familiare», oltre al fatto che i rapporti creditori da essa vantati «risultano sospesi (anche in relazione ai pagamenti dei relativi interessi)». Ne consegue che la società deve considerarsi un soggetto interposto rispetto all’Istante, cosicché tutti i proventi da essa incassati, ed in particolar modo i compensi percepiti per l’attività di sfruttamento dei diritti d’immagine, debbono concorrere alla formazione del reddito complessivo del socio residente in Italia (ossia, dell’interponente).

Dato che i redditi in parola sono assoggettati a tassazione anche in UK, in capo alla società, l’Amministrazione finanziaria concede al contribuente, essendo quest’ultimo tassato in base alla disciplina dell’interposizione, di avvalersi del foreign tax credit di cui all’articolo 165 del Tuir, precisando tuttavia che tale concessione potrà riguardare le imposte assolte nel Regno Unito «esclusivamente con riferimento ai redditi di fonte UK e non anche per eventuali redditi di fonte italiana». Pertanto – conclude l’Agenzia – i proventi derivanti dallo sfruttamento dei diritti d’immagine strettamente connessi alle prestazioni sportive rese in Italia dall’Istante, qualificandosi come redditi di fonte italiana anche in virtù del paragrafo 2 dell’articolo 17 della Convenzione Italia-Regno Unito, non potranno beneficiare del credito per imposte estere.

La limitazione “territoriale” affermata dall’Agenzia, che esclude il riconoscimento del foreign tax credit per le imposte pagate dalla società in relazione ai redditi di fonte italiana, appare condivisibile, sebbene non permetta di evitare la doppia imposizione sul reddito prodotto in Italia. Infatti, volendo fare un esempio, supponiamo che:

1. i compensi per lo sfruttamento economico del diritto d’immagine dello sportivo conseguiti in Italia dalla società siano pari a 100;

2. la ritenuta applicata dal sostituto italiano all’atto della corresponsione dei compensi alla società sia pari a 30 (ex articolo 25 del Dpr 600/1973);

3. la corporate tax UK sui compensi in questione sia pari a 19 (in pratica, si ipotizza che sul reddito di fonte italiana la società non versi imposte nel Regno Unito).

In questo caso, il carico fiscale scontato dal reddito di fonte italiana potrebbe arrivare al 73%, determinato sommando l’Irpef del contribuente (con aliquota marginale del 43%) e la ritenuta applicata nei confronti della società.

In tale situazione, ci si chiede se la società, in quanto soggetto fiscalmente interposto, possa chiedere a rimborso la ritenuta subita, come del resto avrebbe potuto fare in base all’articolo 37, comma 5, del Dpr 600/1973, in caso di accertamento emesso nei confronti dell’interponente e divenuto definitivo. La risposta dovrebbe essere affermativa, sebbene l’Amministrazione finanziaria potrà procedere al rimborso solo dopo che la dichiarazione dei redditi dell’Istante sia divenuta immodificabile (in pratica, decorsi i cinque anni successivi a quello della presentazione). È verosimile, in questo caso, che la società sarà tenuta a pagare 19 di corporate tax in UK.

Ci si chiede, altresì, se, in alternativa, l’istante possa chiedere al sostituto di applicare la ritenuta a suo nome, esibendo la risposta all’interpello qui commentata, che attesta che la società è fiscalmente interposta; in passato, l’Agenzia si è espressa in modo favorevole (risposta 111/2020), affermando che il sostituto d’imposta, informato dell’inesistenza del trust, deve applicare il regime di imposizione sostitutiva avendo riguardo all’interponente. Così facendo, la doppia imposizione sul reddito di fonte italiana sarebbe la stessa del caso precedente, visto che la società pagherà 19 di corporate tax in UK, ma almeno il contribuente italiano non dovrà “finanziare” l’importo della ritenuta alla fonte.

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