Sono inefficaci le clausole di rinuncia al deposito-prezzo
La normativa sul deposito del prezzo della compravendita presso il notaio, entrata in vigore alla fine dell’agosto 2017,è stata oggetto di uno studio sistematico (n. 419-2017/C del 13 marzo 2018 ) ad opera del Consiglio nazionale del notariato. La normativa obbliga il notaio a ricevere in deposito, su istanza anche di un solo contraente, il prezzo dovuto dall’acquirente per versarlo al venditore (qualche giorno dopo la firma della compravendita) una volta che sia appurata la mancanza, nei pubblici registri, di formalità pregiudizievoli.
Come corollario, è stato imposto ai notai di aprire un conto corrente dedicato ad ospitare questo denaro, separato dal conto corrente dove affluiscono gli onorari, di versare sul conto dedicato le somme riscosse dai clienti a titolo di imposte e di non usare il conto dedicato per finalità diverse (ad esempio, pagare i clienti e i fornitori). Infine, il conto dedicato è stato reso infruttifero di interessi, impignorabile e insequestrabile e non suscettibile di comunione legale coniugale e di successione ereditaria.
Una delle principali questioni che lo studio del notariato affronta è se la facoltà di richiedere il deposito sia rinunciabile, ad esempio mediante una clausola ad hoc contenuta nel contratto preliminare. La risposta del notariato è positiva, in teoria, ma negativa nella sostanza.
Anzitutto, viene osservato che, se si tratta di un contratto preliminare stipulato con atto notarile e, quindi, trascritto nei registri immobiliari, la rinuncia al «deposito-prezzo» si rende irrilevante, in quanto l’interesse tutelato dal «deposito-prezzo» è soddisfatto dalla trascrizione del contratto preliminare, il quale di per sé ripara da ogni evento pregiudizievole che possa accadere (la trascrizione rende inefficace qualsiasi formalità pubblicata successivamente).
Se poi si tratta di un contratto preliminare stipulato con scrittura privata non autenticata, la clausola di rinuncia al «deposito-prezzo» è valida ed efficace tra i contraenti, ma non vincola il notaio che non è parte della contrattazione: se, avendo firmato questa rinuncia, la parte acquirente chiedesse al notaio il «deposito-prezzo», questi non potrebbe sottrarvisi, né il venditore potrebbe opporsi.
In questo caso, il comportamento dell’acquirente sarebbe illegittimo, ma si tratterebbe di una illegittimità sanzionabile solo a livello del risarcimento del danno che il venditore patisse a fronte dell’inadempimento dell’acquirente: risarcimento di cui, nella massima parte dei casi, mancheranno i presupposti, in quanto appare difficile immaginare la dimostrazione di un danno derivante dal percepimento del prezzo solamente qualche giorno dopo la data pattuita. Non sarebbe invece qualificabile in termini di illegittimità il comportamento dell’acquirente che, una volta rinunciato al «deposito-prezzo» in sede di contratto preliminare, appurasse un sensibile aggravamento delle condizioni economico-finanziarie del venditore in vista del rogito.
Per non parlare poi della situazione di una rinuncia al «deposito-prezzo» che sia stata espressa (magari per una clausola di stile apposta in un formulario standard) in una situazione di mancanza di informazione sulla situazione debitoria della parte venditrice o in presenza di una informazione distorta. Sarebbe in questo caso il rinunciante a potersi lamentare del danno subito per esser stato sospinto a esprimere quella rinuncia.
Notariato, studio n. 419-2017/C del 13 marzo 2018
Proroga dei versamenti necessaria per gestire le complessità generate dal concordato preventivo
a cura del Comitato tecnico AssoSoftware