Sospensione negata se l’ente «promette» di non riscuotere
La sentenza 513/18/2020 della Ctr Lombardia
Le istanze di sospensione giudiziale vanno proposte solo dove possa essere dimostrato il danno grave e irreparabile in capo al ricorrente che deriverebbe dalla mancata sospensione della riscossione in pendenza di giudizio o dall’esecutività della sentenza. In pratica, le istanze presentate nonostante l’ente della riscossione abbia manifestato al ricorrente la propria intenzione di non procedere coattivamente fino a giudizio definitivo, sono da ritenersi del tutto pretestuose e prive di fondamento, e come tali da rigettare con contestuale condanna dell’istante al pagamento delle spese di giudizio. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctr Lombardia 513/18/2020 (presidente Silocchi, relatore Chiametti).
La pronuncia trae origine dalla notifica alla titolare di una ditta individuale di tre avvisi relativi agli anni di imposta 2009, 2010 e 2011 con cui, sulla base di un Pvc rilasciato dalla guardia di Finanza, il comune di Livigno contestava la presunta importazione di un quantitativo di sigarette dalla Svizzera superiore rispetto a quello risultante dalle regolari fatture di acquisto registrate e, conseguentemente, il mancato versamento di diritti speciali su tabacchi per un importo complessivo (comprensivo di sanzioni e interessi) di circa 307mila euro.
A seguito della mancata impugnazione degli atti e del mancato versamento della pretesa, il Comune preposto anche alla riscossione coattiva dei tributi e dei diritti di propria competenza, notificava apposita ingiunzione fiscale presso il domicilio di una delle figlie della titolare, nel frattempo deceduta. L’erede presentava ricorso alla Ctp di Sondrio per vizio di notifica: a suo avviso l’atto avrebbe dovuto essere notificato, collettivamente e impersonalmente, a tutti gli eredi presso l’ultimo domicilio della de cuius. La Ctp rigettava il ricorso, evidenziando che l’ingiunzione era stata preceduta dalla rituale notifica degli avvisi alla de cuius. La sentenza veniva appellata dall’erede che, senza addurre specifici motivi, avanzava anche istanza di sospensione (ex articolo 52 del Dlgs 546/92) dell’esecutività della pronuncia impugnata.
Nel costituirsi in giudizio, il Comune eccepiva la totale assenza di interesse in capo all’appellante a richiedere la sospensione laddove, in un’ottica di leale collaborazione e a fronte della peculiarità della controversia, sin nella lettera di accompagnamento all’ingiunzione, l’ente stesso precisava che non avrebbe provveduto a riscuotere gli importi fino alla definitività del processo.
Pertanto la Ctr, nel constatare l’impegno preso dal Comune, rigetta l’istanza di sospensione, condannando l’appellante alle spese quantificate in circa 2mila euro.
La pronuncia offre lo spunto per ricordare che l’istanza di sospensione giudiziale (garantita in ogni stato e grado del processo) può essere proposta e concessa a condizione che il contribuente dimostri, congiuntamente, l’illegittimità della pretesa (fumus boni iuris) e il danno grave e irreparabile che potrebbe derivare dalla prosecuzione della riscossione (periculum in mora), che non può mai essere dimostrato sulla base del mero richiamo alla somma da pagare, né sostenendo, senza alcuna documentazione, di non poterla onorare.