Imposte

Spa e Srl, il valore liquidato agli eredi del socio non entra in successione

Per la risposta a interpello 350 è necessario indicare solo il valore contabile della partecipazione

di Angelo Busani

La liquidazione degli eredi del socio defunto di Srl o di Spa, in dipendenza di una clausola statutaria che consenta detta liquidazione, non ha nulla a che fare con la dichiarazione di successione, in quanto quest’ultima concerne la trasmissione mortis causa mentre la liquidazione degli eredi è una vicenda tra vivi.

Quindi, se gli eredi abbiano diritto a ottenere, a titolo di liquidazione della quota del defunto, una somma (in ipotesi, 200) di valore superiore all’importo (in ipotesi 80) indicato nella dichiarazione di successione come valore “fiscale” di detta quota, la riscossione del credito degli eredi non può essere subordinata al fatto che gli eredi soddisfino la pretesa, avanzata dalla società obbligata a liquidare gli eredi, circa la presentazione di una dichiarazione di successione integrativa, nella quale sia indicato, come valore della quota del socio defunto, l’importo della somma dovuta agli eredi come loro liquidazione.

È quanto l’agenzia delle Entrate sancisce nella risposta a interpello 350 del 28 giugno 2022, ove viene effettuata la ricostruzione della vicenda giuridica che accade quando i soci superstiti, avvalendosi di una clausola statutaria che consente di impedire agli eredi del socio defunto di far parte della società, esercitano tale opzione.

Quando vi è (come molto frequentemente accade) nello statuto di una Spa o di una Srl una clausola del genere, l’accettazione dell’eredità da parte degli eredi provoca che i successori del socio defunto diventano titolari della quota di partecipazione al capitale sociale che al defunto apparteneva (Cassazione 345/2010), a meno che i soci superstiti abbiano esercitato la facoltà di liquidare gli eredi del socio defunto anteriormente all’accettazione dell’eredità.

Se, dunque, la facoltà di liquidazione viene esercitata (prima o dopo l’acquisto della quota da parte dei successori del socio defunto), si verifica la loro mancata entrata nella compagine societaria o la loro fuoriuscita da detta compagine e la maturazione, in capo a essi, di un credito pari al valore della quota del defunto.

Tale valore ben può essere superiore al valore della quota stessa da indicare nella dichiarazione di successione, in quanto la legge (articolo 16 del Dlgs 346/1990) prescrive che il valore imponibile dell’imposta di successione è pari a quello del patrimonio netto contabile (e, quindi, al netto degli ammortamenti e, di regola, senza tener conto dell’avviamento), considerato pro-quota in ragione dell’entità della quota di partecipazione al capitale sociale che era di titolarità del defunto.

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