Split payment, il rifiuto della Pa non annulla la fattura
La risposta a interpello 109/2020: decisiva la ricevuta di consegna certificata dal Sistema di interscambio
Il rifiuto della fattura Pa da parte di un soggetto split payment produce effetti negativi nel rapporto contrattuale e nella gestione dell’imposta. La risposta a interpello delle Entrate 109/2020, pur se diretta a confermare la tassazione Iva per le cessioni di beni realizzati in ambito portuale e aereoportuale, ha il pregio di mettere in luce l’esigenza di dare urgente corso alla pubblicazione del decreto ministeriale di disciplina delle casistiche di rifiuto delle fatture elettroniche da parte delle pubbliche amministrazioni e soggetti rientranti nel Dm 55/2013 (articolo 15-bis del Dl 119/2018), per rendere coerente la gestione alle regole di fatturazione elettronica fra privati (articolo 2 del Dlgs 127/15) escludendo che il rifiuto derivi da aspetti che possano essere corretti con procedure di variazione (articolo 26 del Dpr 633/72) ed evitare delicate conseguenze.
Confermata la prassi dlla non imponibilità Iva (articolo 9, comma 1, n. 6, del Dpr 633/1972) applicabile solo alle prestazioni di servizi e non anche alle normali cessioni di beni che non prevedano la posa in opera da parte del fornitore con un contratto di risultato (risoluzioni 247/E/07, 118/E/08, ma anche interpello 95/2020).
Le cessioni imponibili effettuate a soggetti che rientrano nel perimetro delineato dall’articolo 17-ter del Dpr 633/72 (enti pubblici, società pubbliche, fondazioni controllate dalle Pa, eccetera), comportano, in ogni caso, il versamento dell’Iva a cura del cessionario in conseguenza del pagamento della fattura che determina l’esigibilità dell’imposta. La fattura emessa deve riportare la dicitura «scissione dei pagamenti» e la posizione di debitore d’imposta resta in capo al cedente quando il cessionario acquista in qualità di consumatore finale (circolari 27/E/17 e 9/E/18). Invece se l’acquisto viene effettuato in regime di soggettività passiva, cioè per la sfera d’impresa, fermo restando la dicitura in fattura a cura del cedente, l’acquirente assume anche la veste di debitore d’imposta, innescando il regime della solidarietà passiva Iva fra le parti, ma con onere di assolvimento dell’imposta solo e sempre in capo al cessionario.
Questa circostanza nel caso di cessionario operante come debitore d’imposta determina le correlative responsabilità anche sul contenuto e correttezza del regime Iva dell’operazione (imponibilità Iva invece che non imponibilità).
Quindi il rifiuto della fattura, anche se per adesso consentito dal Dm 55/2013, non rileva ai fini della sua validità in quanto questa è confermata dalla ricevuta di consegna certificata dal Sistema di interscambio (articolo 2, comma 4, del decreto 55/2013), ma genera uno stallo in relazione all’esigibilità dell’Iva per l’erario, ancorata al pagamento del corrispettivo (articolo 3 del Dm 23 gennaio 2015), alla detraibilità in capo al cessionario, oltre ad impedire la tempestiva regolare riscossione per il cedente.
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