Imposte

Sport professionisti e impatriati, il contributo dello 0,5% è una conseguenza del bonus e non un presupposto

La norma può voler riproporre quelle stesse disposizioni del 2016, ma pur sempre confermando i confini del Dpcm ai soli aspetti applicativi della contribuzione a beneficio dello sport giovanile

La circolare 33/E/2020 si è espressa nel senso della non applicazione immediata della disposizione agevolativa introdotta dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015, che consente di tassare solo il 50% del reddito di lavoro conseguito da un atleta professionista estero allorquando:

• trasferisca la sua residenza fiscale in Italia e si impegni a risiedere in Italia per almeno due periodi d’imposta, svolgendo l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;

• sia stato residente all’estero per almeno i due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento.

Ricorderà il lettore che l’articolo 5 del Dl 34/2019 (decreto Crescita) ha modificato l’articolo 16 del Dlgs 147/2015 estendendo il perimetro applicativo della disposizione agevolativa prevista per i lavoratori impatriati anche ai rapporti di lavoro sportivo, regolati dalla legge 91/1981. Si tratta in linea di massima dei contratti di lavoro di atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi, preparatori atletici operanti nelle discipline professionistiche riconosciute dal Coni (calcio, ciclismo, pallacanestro, eccetera).

Il regime in questione richiede, inoltre, il versamento, ad un fondo destinato a promuovere lo sport giovanile, di un contributo pari allo 0,5% della quota imponibile del reddito da lavoro conseguito dallo sportivo.

In questo contesto la circolare 33/E – riprendendo anche un parere del dipartimento delle Finanze (registro ufficiale protocollo 324497 del 9 ottobre 2020) – ha ritenuto che il regime di favore derivante dalla tassazione del 50% del reddito imponibile non risulti fruibile fino a quando non vi sarà l’emanazione di un Dpcm che deve indicare le modalità di versamento del suddetto contributo. Ed invero, la norma letteralmente precisa «che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell’autorità di Governo delegata per lo sport e di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma» (ossia le disposizioni sul contributo dello 0,5%).

La posizione assunta dall’amministrazione finanziaria finisce di fatto con il vanificare la possibilità di fruire del regime per gli sportivi che si erano trasferiti in Italia a far data dal 30 aprile 2019. E ciò, avviso di chi scrive, contro il tenore letterale della disposizione agevolativa di cui al comma 2 del citato articolo 5 del decreto Crescita.

Non pare, infatti, che la normativa in oggetto preveda la preventività del versamento del contributo, né lega il suo assolvimento, ai fini della fruizione dell’agevolazione, ad un particolare momento temporale. A ben vedere, anzi, il versamento del contributo parrebbe rappresentare una mera conseguenza dell’applicazione del regime piuttosto che un suo presupposto: «L’esercizio dell’opzione per il regime agevolato ivi previsto comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento della base imponibile».

Del resto con il Dpcm devono essere «definiti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma, definiti con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 3»; vale a dire il decreto 26 maggio 2016 per i lavoratori impatriati.

Ebbene, malgrado una formulazione non particolarmente felice, la norma può voler riproporre quelle stesse disposizioni del 2016, ma pur sempre confermando i confini del Dpcm ai soli aspetti applicativi della contribuzione a beneficio dello sport giovanile.

Il chiarimento dell’Agenzia sembra, dunque, tradire la formulazione stessa della legge, condizionando l’efficacia di quest’ultima all’emanazione di un decreto applicativo, cui però il regime di favore non risulta subordinato.

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