Controlli e liti

Stop al redditometro ma resta l’accertamento sintetico

di Antonio Zappi

Il decreto dignità ( Dl 87/2018 ) dispone il congelamento del redditometro in attesa di un restyling, ma l’accertamento sintetico (di cui il redditometro è solo una specie) rimarrà a pieno titolo nell’ordinamento.

Il nuovo provvedimento legislativo, infatti, elimina, con effetto dall’anno di imposta 2016, il Dm 16 settembre 2015, ovvero quel decreto contenente le attuali regole di determinazione per l’imputazione induttiva degli indici redditometrici. Nell’abrogare il decreto che regolamenta la versione 2.0 del redditometro (intendendosi per tale quella riscritta dall’articolo 22 del Dl 78/2010), la norma appena varata non interviene però in alcun modo sull’assetto giuridico dell’attuale articolo 38 del Dpr 600/1973 e lo stesso decreto si premura anche di scongiurare qualsiasi potenziale interferenza con gli accertamenti redditometrici in corso, affermando che le novità non riguardano sia gli inviti a comparire, che tutti gli altri atti relativi a periodi di imposta sino al 2015.

La portata dell’intervento
Se, allora, è solo dal periodo di imposta 2016 che lo strumento induttivo sarà innovato (con un decreto del Mef da emanare), l’attuale accertamento sintetico, nella sua tradizionale scomposizione tra redditometro e spesa patrimoniale analiticamente ricostruibile, rimane inalterato nell’ordinamento e appare, quindi, utile evidenziare come sia solo la componente redditometrica dell’accertamento sintetico ad essere stata temporaneamente paralizzata nella prospettiva del rinnovamento.

Ciò che, infatti, va segnalato è che l’articolo 38, comma 4, del Dpr 600/73 continuerà a recitare che «l’ufficio, (…), può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta». Quindi, ad esempio, investimenti immobiliari, ma anche sottoscrizione di aumenti di capitale sociale, acquisto di autovetture, natanti e così via, se risulteranno di entità incompatibile con il reddito dichiarato continueranno ad essere sinteticamente accertabili, in quanto spese effettive.

In attesa della versione «3.0»
In altri termini, non appena sarà approvato il nuovo decreto del Mef, il redditometro sarà rigenerato con una versione «3.0» che conterrà ancora una imputazione di matrice statistica delle voci di spesa rilevanti (stante l’esplicita previsione legale di dover “sentire” l’Istat) e che farà entrare in gioco anche le associazioni dei consumatori per far nascere un modello induttivo meglio capace di coniugare teoria e realtà quotidiana, ma anche se quel decreto non dovesse mai nascere, un accertamento sintetico, innescato dalle spese effettive sostenute dal contribuente, è (e sarà) ancora possibile.

L’onere della prova
Il decreto, invece, non affronta il tema dell’onere della prova nel procedimento di accertamento tributario di cui negli ultimi mesi si è discusso in più occasioni anche con annunci da parte dell’attuale maggioranza di governo di procedere a un’inversione, spostando quindi l’asse dal contribuente a carico dell’amministrazione finanziaria. Ed è proprio il redditometro ad essersi storicamente caratterizzato per essere uno dei controlli fiscali all’interno dei quali, per presunzione legale relativa, viene spesso fatto incombere sul contribuente il complicato onere di provare di non aver prodotto il reddito sinteticamente accertabile.

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