Strutture sanitarie accreditate, rendicontazione omogenea dei costi fissi
ll documento del Consiglio nazionale dei commercialisti sull’applicazione del decreto Ristori
I benefici previsti dal decreto Ristori-bis per il settore della sanità privata si applicano anche a favore delle strutture sanitarie che hanno sospeso le attività anche solo parzialmente (ad esempio riducendo il numero dei posti letto a causa delle misure di distanziamento). I costi fissi da indennizzare sono determinabili per differenza, eliminando dal totale dei costi operativi caratteristici i soli costi diretti variabili.
Queste le principali conclusioni contenute nel documento pubblicato dal Cndcec e intitolato “La rendicontazione dei costi nelle strutture private accreditate delle Regioni ai tempi del Covid”, a commento dell'art. 9 del decreto Ristori-bis che disciplina i ristori, appunto, a favore degli operatori sanitari privati accreditati.
Nel 2020 le strutture sanitarie private accreditate dalle Regioni hanno infatti registrato – a causa della pandemia - una contrazione dell'attività e dei volumi di prestazioni, rispetto a quelli definiti dalle convenzioni in vigore. Da qui il riconoscimento di un contributo una tantum a tutte le strutture private accreditate che, in virtù dei provvedimenti regionali, abbiano sospeso le attività ambulatoriali e di ricovero a causa del Covid-19.
Lo scopo del documento, messo a punto dal gruppo di lavoro Service-Economy-Sanità nell'ambito del progetto “Cluster d'impresa” del Cndcec, è offrire linee guida uniformi per tutto il territorio nazionale sui punti più delicati della nuova disciplina, in modo da prevenire il rischio di difformità di trattamento tra gli operatori. Il punto critico è la rendicontazione corretta, e omogenea a livello nazionale, dei costi fissi da indennizzare: in assenza di una definizione legislativa, il documento Cndcec adotta un approccio pragmatico che consente di rendicontare i costi fissi anche alle strutture che non dispongono di sofisticati sistemi di contabilità direzionale.
In particolare, se la ratio della disposizione è infatti quella di evitare che le strutture vadano in default per effetto del crollo dei ricavi, mentre i costi continuano a maturare, devono essere considerati “fissi” tutti i costi sui quali la direzione non può intervenire nell'immediato.
Si procede quindi in due step. Dapprima si identificano i costi operativi caratteristici - per il periodo intercorrente fra il 9 marzo e il 31 dicembre 2020 - come differenza tra il totale della voce B del conto economico (costi di produzione) e le voci chiaramente non afferenti alla gestione caratteristica: svalutazioni incluse nella voce B 10.c); svalutazione dei crediti incluse nella voce B 10.d); minusvalenze da cessione incluse nella voce B14.
Dal risultato così ottenuto si sottraggono poi i soli costi variabili diretti, identificabili con le seguenti voci:
1. acquisti di medicinali, dispositivi medici e altro materiale di consumo classificati nella voce B6) del conto economico;
2. costi per servizi appaltati a terzi (ad es. ristorazione, servizio mensa, servizi “extra” on demand) classificati nella voce B7) del conto economico;
3. onorari del personale sanitario libero professionista remunerato con contratti esclusivamente “a cottimo” per le singole prestazioni erogate, classificati nella voce B7) del conto economico;
4. eventuali utenze di reparto.
Il documento costituirà un utile strumento di orientamento non solo per i direttori amministrativi delle strutture sanitarie ed i loro consulenti, ma anche per gli organi regionali.
Modelli Redditi e decreto Isa, software già allineato
a cura di Fabio Giordano, comitato tecnico AssoSoftware