Imposte

Sugar tax anche per le company che commissionano le bevande

I chiarimenti dell’agenzia delle Dogane in vista del decreto attuativo. Le imprese estere obbligate dovranno dotarsi di un rappresentante fiscale

Sugar tax in applicazione anche per le imprese che commissionano la fabbricazione di bevande edulcorate, siano esse nazionali o stabilite in un paese terzo. In questo secondo caso, però, queste dovranno identificarsi munendosi di un rappresentante fiscale dedicato all’assolvimento del nuovo tributo in vigore dal 1° gennaio 2021.

Nell’open hearing tenuto ieri dall’Agenzia Dogane sono stati comunicati i primi chiarimenti per la sugar tax, la cui determinazione delle regole applicative è demandata a un decreto del Mef in adozione a breve. In effetti, nell’incontro di ieri si è dato conto dei primi risultati del lavoro guidato dal Mef che, sentite le associazioni di categoria, ha chiuso la redazione del Dm che regolerà i meccanismi di funzionamento di un’imposta che, sul piano normativo, presenta numerose lacune. Più in dettaglio, il lavoro di concertazione tecnica è stato fondamentale, permettendo agli stakeholders di rappresentare numerose criticità che, pur in un contesto comunque penalizzante per le imprese, appaiono oggi superate o comunque chiarite.

È il caso dell’esatta individuazione dei soggetti obbligati al pagamento del tributo. Ciò in quanto la norma dispone che l’imposta sorge e diviene esigibile, tra l’altro, all’atto della cessione operata da un «fabbricante nazionale o, se diverso da questo, del soggetto nazionale che provvede al condizionamento, a consumatori nel territorio dello Stato ovvero a ditte nazionali esercenti il commercio che ne effettuano la rivendita».

Questa composizione è estremamente complessa e non considera l’ipotesi del conto lavoro, che rappresenta un flusso rilevantissimo nel mercato della produzione delle bevande edulcorate. Non è infrequente, infatti, che una trading company commissioni la produzione a un manufacturer che, terminato l’imbottigliamento, riconsegna le merci al trader per la vendita.

In questi casi, il Dm Mef risolve la problematica individuando tra i soggetti obbligati i fabbricanti che vendono merci da loro prodotte, nonché i cedenti merci prodotte da terzi. È un concetto estensivo del dato normativo, che però è necessitato e sostanzialmente rende il tributo esigibile, anche se così operando si estende di molto la platea dei possibili soggetti obbligati.

A questi operatori si aggiungono le imprese che effettuano acquisti intra UE e quelle che procedono all’import di bevande edulcorate. In entrambi i casi, la criticità resta quella di rendere possibile la piena conoscenza della composizione dei prodotti, tema che si dimostrerà potenzialmente critico in dogana, dove i tempi di dichiarazione e svincolo devono essere rapidi.

Sugli adempimenti, le (ormai quattro) categorie di soggetti obbligati sono tenuti alla denuncia della propria attività e all’ottenimento, per l’effetto, di un codice identificativo. Oltre a ciò, questi saranno vincolati alla tenuta di prospetti riepilogativi e dichiarazioni mensili. Sui prospetti - che il Mef ha giustamente inteso non essere registri di carico e scarico – resta la criticità dei dati; meglio sarebbe stato, piuttosto, consentirne il ricavo dalla contabilità che, già copiosa, è presente in azienda. È il caso degli acquisti intra Ue, già dichiarati nei modelli Intrastat e annotati nei registri Iva; oppure dei dati di fabbricazione, dove sono richieste informazioni che possono non essere in possesso delle imprese, come quelli relativi ai quantitativi di edulcorante in impiego in formule riservate; o ancora, è l’ipotesi dei dati di produzione incrociati con quelli di cessione, utili solo ai fini di controllo e contrari alla natura dell’imposta, che è di consumo, oltre ad essere ineseguibili nelle ipotesi di sub-appalto di servizi di produzione.

Un lavoro di concerto molto utile e che dà conferma del nuovo trattamento impositivo che, a quanto pare, non sarà ulteriormente differito.

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