Imposte

Sui «beni finiti» c’è l’Iva agevolata solo se connessi all’edificio e riutilizzabili

La risposta ad interpello delle Entrate

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di Giampaolo Giuliani

Con la risposta all’interpello 71 del 21 febbraio scorso, l’agenzia delle Entrate affronta ancora una volta il tema dell’applicazione dell’aliquota Iva ridotta per l’acquisto dei cosiddetti «beni finiti», stabilendo che rientrano in questa categoria le ringhiere, i corrimano e le tettoie per terrazze e balconi.

Sono manufatti di uso comune e sicuramente non innovativi rispetto ai recenti prodotti immessi sul mercato dell’edilizia. Si pensi, ad esempio a prodotti come i decalcificatori, gli aeratori con recupero di calore e le saune da casa. Tuttavia in assenza di precedenti specifiche pronunce su ringhiere, corrimano e tettoie l’operatore ha sentito la necessità di presentare uno specifico interpello.

Orientamento non univoco

Questo perché, nonostante le numerosissime prese di posizione assunte dall’amministrazione finanziaria (o forse proprio per questo), a tutt’oggi non è semplice trovare univoche soluzioni anche per beni che spesso sono del tutto simili a quelli già oggetto di chiarimenti.

Solo per fare un esempio, si pensi a due risoluzioni dove l’Agenzia ha assunto posizioni diametralmente opposte per manufatti per certi versi simili. In particolare con la risoluzione del 25 giugno 2012, n. 71/E, il Fisco sostiene che i listoni utilizzati per realizzare i pavimenti flottanti «sono pur sempre riconducibili alla categoria dei materiali di rivestimento e, in quanto tali, non possono essere considerati beni finiti».

Diversamente con la risoluzione del 30 marzo 1998, n. 22/E, è stato sostenuto che le traversine di cemento «che insieme agli altri elementi realizzano la linea ferroviaria, sono beni che conservano la loro individualità, sono comunque riconoscibili, possono essere facilmente asportati e sono suscettibili di ripetute utilizzazioni nel campo ferroviario. Pertanto, non sono equiparabili alle materie prime o semilavorate per l’edilizia le quali, invece, vengono incorporate nelle costruzioni e non sono recuperabili per un successivo riutilizzo».

Senza entrare in polemica, ci si limita ad osservare che anche i listoni per questo tipo di “parquet” possono essere montati senza l’uso di collanti e, quindi, sono suscettibili di essere smontati e facilmente riutilizzabili al pari delle traversine.

I requisiti

Ad ogni modo, quello che è importante rilevare sono i requisiti che devono essere sempre presenti per considerare un manufatto bene finito.

Segnatamente, un manufatto:

non deve rientrare tra le materie prime e semilavorate;

deve essere strutturalmente collegato al fabbricato in cui viene collocato;

non deve perdere la propria individualità tanto da garantire un suo teorico prelievo e potenziale riutilizzo su altro immobile.

Quando scatta l’aliquota «mini»

Peraltro si deve tenere presente che la classificazione di un manufatto nella categoria dei beni finiti non determina sempre l’applicazione della aliquota ridotta. Questo perché l’acquisto deve essere connesso al loro immediato impiego. In altre parole l’aliquota ridotta si applica unicamente all’ultima fase di commercializzazione.

Così ad esempio non sconta mai l’aliquota ridotta la cessione di un bene finito tra l’impresa produttrice e il grossista o la vendita tra quest’ultimo ed il dettagliante, mentre si applica alla cessione tra il dettagliante ed il cliente finale, ovvero tra il grossista e l’artigiano che impiegherà il bene per realizzare l’impianto.

Si pensi all’idraulico che acquista i sanitari dal grossista per utilizzarli nella realizzazione di un bagno per un committente in possesso dei requisiti per usufruire dell’agevolazione prima casa.

Dichiarazioni di responsabilità

Un ultimo aspetto che merita di essere esaminato anche se non trattato nella risposta n. 71 attiene le cosiddette «dichiarazioni di responsabilità» che l’amministrazione finanziaria “pretende” pur in assenza di una specifica previsione di legge.

Si tratta di un documento della massima importanza poiché, in alcuni casi, può esonerare da sanzione i soggetti passivi che, in buona fede, convinti dei dati dichiarati dal cessionario hanno adottato un comportamento teoricamente lecito secondo le disposizioni - applicando l’aliquota al 10% o al 4% in caso di costruzione della prima casa - ma non corretto rispetto all’effettiva operazione posta in essere.

Si tratta di documenti cui è utile allegare anche eventuali titoli abilitativi e e nei quali va esplicitato l’impegno del cessionario a comunare eventuali variazioni che facciano venir meno il diritto all’agevolazione.

Chiara in questo senso la risoluzione n. 284/E dell’11 ottobre 2007, dove l’agenzia delle Entrate ha riconosciuto la buona fede (e quindi l’esclusione da sanzioni) di una società di leasing che concede ad un conduttore di un’unità da diporto la riduzione dei canoni di locazione se quest’ultimo rilascia una dichiarazione in cui attesta l’impiego dell’imbarcazione fuori dalle acque territoriali.

Gli esempi

1. Il decalcificatore
Si ipotizzi l’acquisto di un decalcificatore che viene installato a “monte” dell’impianto idrico con la posa di un idraulico che ne certifica la messa a norma ovvero i potabilizzatori inseriti sotto il lavello della cucina. In questo caso il decalcificatore è strutturalmente collegato all’edificio, resta comunque individuabile e potenzialmente si presta ad essere riutilizzato in un altro edificio o unità immobiliare. Può quindi essere considerato un bene finito.
Il potabilizzatore inserito sotto il lavello deve essere parificato ad un elettrodomestico poiché non è strutturalmente collegato all’immobile e, pertanto, non può essere considerato un bene finito.

2. I due lavelli
Si ipotizzi l’acquisto di un lavello in ceramica per la lavanderia e di un lavello in acciaio che verrà utilizzato in cucina. Anche in questo caso i due manufatti svolgono la stessa funzione ancorché siano realizzati con materiali diversi. Tuttavia la differenza tra i due è data dal fatto che il lavello in ceramica della lavanderia essendo fissato al muro è strutturalmente collegato all’edificio, mentre il lavello d’acciaio è inserito nei mobili di una cucina componibile.
Ne consegue che il lavello in ceramica della lavanderia può essere considerato un bene finito ma non quello in acciaio della cucina.

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