Sui reati tributari rimane la non punibilità ordinaria
Il Dlgs 74/2000 prevede già lo stop alle sanzioni per chi estingue il debito
Alla fine, il beneficio dello “scudo penale” annunciato su omessa dichiarazione, falsa dichiarazione e omesso versamento non sarà nella legge di Bilancio. Ma per molte violazioni suscettibili di sanatoria o definizione uno scudo già esiste, in via generale: l’articolo 13 del Dlgs 74/2000 dispone la non punibilità per chi, a certe condizioni, estingue il debito oggetto del delitto tributario.
Non punibilità
L’articolo 13 prevede la non punibilità per i reati di:
1. omesso versamento Iva, ritenute, e indebita compensazione superiori a determinati importi, se, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso;
2. dichiarazione fraudolenta, infedele e omessa, nel caso di estinzione del debito tributario mediante ravvedimento operoso e presentazione della dichiarazione omessa entro il termine della dichiarazione relativa all’anno successivo, sempreché tali adempimenti siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza dell’inizio di qualunque attività di controllo/accertamento.
Secondo la Cassazione (ultima pronuncia la 19637/2022, ma anche 34940/2020), le speciali procedure conciliative intervenute negli anni vanno ricomprese tra quelle indicate dall’articolo 13 anche se prevedono l’abbuono di sanzioni e interessi. La norma, infatti, ha una finalità deflattiva volta a incentivare la riscossione delle entrate tributarie anche mediante il richiamo, volutamente generico, alle «speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento» previste dalle norme tributarie.
I reati omissivi
In relazione a tali circostanze, eventuali violazioni tributarie di omesso versamento e di indebita compensazione di crediti non spettanti (penalmente rilevanti) sanate in base alle nuove previsioni prima dell’apertura del dibattimento non sono più penalmente rilevanti senza necessità di alcuna specifica previsione.
In caso di pagamento rateale, basterebbe invece che il giudice, come già avviene sovente, disponga un rinvio dell’udienza a data successiva al completamento della rateazione, ancorchè la norma preveda al massimo un differimento di soli sei mesi.
I reati dichiarativi
La maggior parte delle violazioni tributarie penalmente rilevanti e che attengono casi di dichiarazione infedele/fraudolenta possono beneficiare della non punibilità ordinariamente prevista nel caso in cui non siano iniziate attività di controllo, se l’interessato aderisce al ravvedimento speciale che, contrariamente allo “scudo”, è ancora nel Ddl di Bilancio. Il ravvedimento, infatti, già ora comporta la non punibilità di tali reati, quindi non dovrebbero porsi problemi sulla rilevanza penale: la regolarizzazione si considera perfezionata col versamento di quanto dovuto o della prima rata entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni.
Resterebbe escluso solo chi aderisce alle altre definizioni (accertamenti, liti pendenti eccetera): il pagamento (anche rateale) avverrebbe dopo il controllo, quindi la causa di non punibilità già esistente non opererebbe. Resterebbe solo la riduzione a metà delle sanzioni penali e della non applicazione delle pene accessorie.
Da considerare infine che il pagamento delle somme versate per qualunque definizione comporta la riduzione dell’imposta ritenuta evasa, con la conseguente possibilità di richiedere il dissequestro di eventuali beni/somme sottoposti a vincolo cautelare nel corso del procedimento.
Ed infatti la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. In virtù di tale previsione secondo il consolidato orientamento di legittimità misura cautelare non può essere eseguita sulle somme che il contribuente ha già restituito all’erario onde evitare duplicazioni.