Sul fisco pro-crescita si poteva osare di più
Non ci sono pasti gratis. E il menu proposto dal governo per trovare i 3,4 miliardi di euro necessari alla correzione dei conti per il 2017 lo conferma ancora una volta. Una vera e propria “manovrina di primavera”, che sembra riproporre il vecchio copione dei decreti omnibus. Con misure che guardano molto alla cassa (i 3,4 miliardi di euro da recuperare nelle pieghe sempre più strette del bilancio pubblico) ma che deludono un po’, rispetto alle aspettative, sul fronte del sostegno alla crescita. Insomma, per quanto è dato finora di sapere, si intravede un mix di balzelli che aumentano, di regole fiscali che cambiano, con il consueto richiamo al contrasto dell’evasione fiscale, ma con poche nuove opportunità di sviluppo se non quelle – pure importanti – legate al capitolo delle infrastrutture.
Mettere sulla bilancia i pro e i contro del decreto non è, ovviamente, agevole. L’attenzione mediatica si è a lungo concentrata sui rincari delle accise sui tabacchi e delle tasse sui giochi. Ma volendo guardare alla parte “mezza piena del bicchiere” appare opportuno il tentativo di dare una scossa alle norme sui premi di produttività, attraverso un meccanismo che intende valorizzare la contrattazione di secondo livello (aziendale e territoriale), per incentivare il coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del lavoro. L’effetto concreto è il riconoscimento alle aziende che perseguiranno questo obiettivo di uno sconto significativo sull’aliquota contributiva, che certamente rappresenterà uno stimolo per il datore di lavoro.
Si poteva certamente osare di più, come molti si aspettavano. Per problemi di copertura, dalla bozza del testo sembra essere saltata in extremis la norma che avrebbe dovuto rendere meno problematico l'utilizzo dell'iperammortamento, vale a dire l'agevolazione che premia gli investimenti in chiave Industria 4.0. La finalità di questa norma era di estendere a tutto il 2018 il termine ultimo per la consegna dei beni che possono beneficiare di questo speciale super-sconto (il termine ora è fissato al 30 giugno 2018). L'auspicio ora è che questa disposizione possa essere recuperata in sede di conversione del decreto legge per consentire alle imprese di pianificare e portare a termine con margini più realistici questi investimenti. Tra l'altro, l'allungamento del termine consentirebbe di recuperare almeno un po' del tempo perso in fase avvio, considerato che le istruzioni per l'utilizzo dell'iperammortamento sono arrivate solo pochi giorni fa.
C'è invece un blocco di norme che rischia di pesare non poco sulle imprese e sugli operatori. Si prenda il patent box che viene allineato alle raccomandazioni dell'Ocse che prevedono che, a far data dal 2021, l'agevolazione non sarà applicabile ai marchi e al know how (con alcune eccezioni). Il governo si era però impegnato a difendere questa possibilità (il nostro made in Italy è un sistema di marchi). Ora invece ci adegua alle regole internazionali: per le nostre aziende sarà un danno e lo sarà ancor più se dal beneficio verranno esclusi i soggetti che hanno fatto l'opzione dopo il 30 giugno 2016.
Preoccupa anche la nuova “chiusura” sulle compensazioni. È evidente ed è anche risaputo che in questo ambito si annidino molti abusi, ma la logica di colpire e penalizzare tutti - anche chi è onesto - finisce per essere controproducente e trasferire la solida idea di un fisco che sa mai orientato alla crescita. Come controproducente è l'ulteriore stretta sull'Ace, l'aiuto alla crescita economica, ovvero lo strumento per favorire la capitalizzazione delle imprese. Dopo il giro di vite della manovra di bilancio, ora il decreto prevede che la deducibilità dall'imponibile di parte dell'incremento di capitale proprio dell'impresa, dovrà essere calcolato rispetto al patrimonio netto degli ultimi 5 anni e non più rispetto all'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Non proprio un bel messaggio per il rafforzamento del sistema produttivo, che resta un obiettivo prioritario.
Infine, il contrasto all'evasione. Parte significativa del maggior gettito arriverà con il rafforzamento del metodo dello split payment, esteso a tutte le società pubbliche e persino a tutte le quotate. Ancora pochi giorni fa, il direttore dell'agenzia delle Entrate ha ricordato in Parlamento come quello dell'evasione Iva sia uno dei principali problemi del nostro sistema, con un tax gap che supera i 40 miliardi di euro. Rimane tuttavia qualche dubbio sulla possibilità di calcolare il recupero di gettito che lo split payment garantisce. La stessa agenzia delle Entrate, con riferimento allo split payment già adottato per il 2015 e il 2016, ha spiegato che la quantificazione del maggior gettito è una stima dell'agenzia, legata - per semplificare - a un aumento del gettito Iva che non troverebbe altre spiegazioni se non una maggiore efficienza nella gestione del tributo. Speriamo sia davvero così.