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Super Ace, serve un nuovo segnale di fiducia

L’Ace costituisce, nel panorama degli incentivi per le imprese, un’agevolazione particolarmente virtuosa. Premia infatti la capitalizzazione in un universo imprenditoriale che, tradizionalmente, soffre della mancanza di mezzi propri per crescere e investire. Dunque, il meccanismo della super Ace che valuta gli apporti 2021 con una remunerazione del 15%, al posto dello striminzito 1,3% del regime ordinario, ha rappresentato un messaggio di fiducia per scommettere nell’impresa in mezzo alla crisi della pandemia. Inoltre, il legislatore – per una volta – ha scelto la via della semplicità: non ha cervelloticamente ideato nuovi aiuti – dai costi burocratici difficilmente quantificabili – ma ha ampliato un beneficio già conosciuto e sperimentato seppure nel limite di 5 milioni di apporto.

Purtroppo il meccanismo rafforzato ha però valore solo nel 2021. Potremmo dire che si è voluta testare l’efficacia dello strumento. Tuttavia, oggi con le problematiche legate alla liquidità delle imprese e con la progressiva uscita di scena delle garanzie statali sui prestiti bancari c’è da chiedersi se non sia il caso di riproporre la terapia della super Ace per curare uno dei talloni d’Achille delle imprese italiane. Tanto più di fronte alle incognite del mercato, non solo per gli effetti persistenti della pandemia, ma anche per le sfide poste dalla transizione ecologica.

Occorre preparare un set di strumenti per consentire alle imprese di affrontare le difficoltà. E l’Ace rafforzata, potrebbe ancora una volta fare appello per l’investimento nell’impresa.