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Tax compliance, tre nuove opzioni nel Piano Colao

Il piano di rilancio 2020-22 propone tre forme di tax compliance di cui due dedicate anche alle piccole imprese

di Graziano Gallo

Le misure a sostegno delle imprese contemplate dal Piano Colao («Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”») prevedono, al par. 5 del primo capitolo, l'adozione di alcune azioni il cui scopo evidente è quello di fornire stimolo all'adozione di modelli avanzati di Tax Compliance da parte di tutte le imprese.

Gli interventi proposti si muovono lungo due direttrici:

a)l’ ampliamento e il potenziamento del regime di adempimento collaborativo (Rac) di cui al Dlgs 128/2015, cui le grandi imprese con fatturati oltre i 5 miliardi di euro già possono aderire su base volontaria, previo accordo con l’agenzia delle Entrate;

b)la creazione ex novo di due distinti regimi di tax compliance per tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione.

Abbiamo detto che gli interventi proposti riguarderebbero tutte le imprese. Crediamo sia questa l'interpretazione corretta, sebbene il dato testuale della scheda possa dare adito a qualche incertezza sul perimetro soggettivo: nell'abstract, infatti si parla solo di “società” italiane ed estere identificate in Italia, mentre nella parte descrittiva della azioni specifiche suggerite si fa riferimento alla nozione generica di contribuente.

Considerato che l'iniziativa si colloca all'interno del capitolo dedicato ad imprese e lavoro, si ritiene che destinatarie delle misure proposte siano tutte le imprese residenti a fini fiscali in Italia, in qualunque forma costituite ed operanti.

Restyling della Tax Compliance per le grandi imprese

Il primo intervento costituisce potenziamento del già esistente regime di adempimento collaborativo (RAC) ed è finalizzato a inibire l'irrogazione di ogni sanzione amministrativa e penale nei confronti delle imprese ad esso ammesse. Ad oggi l’articolo 6, comma 3, del Dlgs 128/2015 prevede solo la riduzione alla metà dell'’ammontare delle sanzioni amministrative ed il minimo edittale come limite massimo di applicazione in concreto, mentre nulla è espressamente contemplato per quelle penali, la cui eventuale inflizione è dunque rimessa alle autonome valutazioni del giudice competente.

Sempre il primo intervento contempla l'abbassamento della soglia minima di fatturato richiesta per l'ammissione al RAC dagli attuali 5 miliardi ad altro ammontare non espressamente indicato dal Piano e che dunque dovrebbe ragionevolmente farsi coincidere con quello originariamente previsto dal Dlgs 128/2015, ossia 100 milioni. Sul punto specifico, l’articolo 7, comma 4, del Dlgs 128/2015 ha determinato la soglia minima di fatturato utile per l'accesso al RAC a 10 miliardi ed il suo mantenimento fino allo spirare di un periodo di prima applicazione, il cui termine è stato poi fissato al 31 dicembre 2019 dal Dm 30 dicembre 2016. Con Dm del 30 marzo 2020 la soglia è stata abbassata a 5 miliardi, un livello evidentemente giudicato ancora troppo elevato dalla Commissione di esperti capitanata da Colao.

Già da solo, questo primo intervento spalancherebbe accesso diretto al RAC ad oltre 3.000 imprese. Se si considera che, al 31 dicembre 2019, circa la metà dei soggetti in possesso, a quella data, dei requisiti per l'ammissione al RAC aveva già presentato istanza di accesso, anche senza il potente stimolo premiale che il Piano Colao intende introdurre, è facilmente pronosticabile che ove la penalty protection totale e l'abbassamento della soglia di ingresso fossero entrambe tradotte in norme, le domande di ammissione al RAC si moltiplicherebbero nel giro di pochi mesi, a meno che non venisse contestualmente data attuazione anche al primo dei nuovi regimi di tax compliance contemplati dal Piano, come ci apprestiamo ad illustrare.

La nuova Tax Compliance per tutte le imprese

Il secondo intervento proposto, diretto nei confronti di tutte le imprese indipendentemente dalla loro dimensione prevede la creazione ex novo di due distinti regimi di tax compliance.

Il primo (definito ai presenti fini Tax Compliance generale) introduce lo stesso scudo amministrativo e penale contemplato per i soggetti ammessi al RAC, a condizione che le imprese che intendono fruirne:

- si siano comunque dotate di un tax control framework (i.e. TCF), ossia del sistema di rilevazione, misurazione, controllo e monitoraggio del rischio fiscale costituente imprescindibile requisito di ammissione al RAC;

- di tale circostanza abbiano reso edotta l'Agenzia delle entrate mediante comunicazione in dichiarazione e

- in sede di verifica, il modello venga considerato idoneo in quanto rispondente ai criteri individuati dall'amministrazione in apposito provvedimento, sulla base dell'esperienza derivante dalla cooperative compliance.

Il secondo regime (definito ai presenti fini Tax Compliance mirata), di portata più limitata, introduce la possibilità, per i contribuenti non aderenti al regime di adempimento collaborativo e che nemmeno si siano dotati di Tcf, di non andare soggetti all'applicazione delle sanzioni amministrative e penali nell'ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali gli stessi abbiano predisposto idonea documentazione preventivamente comunicata all’amministrazione Finanziaria con specifiche modalità, individuate in apposito provvedimento.

Coordinamento tra i tre diversi regimi e prevedibili problematiche applicative

Il Piano Colao prevede in definitiva tre diverse opzioni di Tax compliance disponibili alle imprese, ognuno dei quali caratterizzato da un diverso livello di impegno e di benefici annessi. Il RAC potenziato per le grandi imprese, contemplato dal primo degli interventi proposti, ed il regime di Tax Compliance generale per tutte le imprese, condividono chiaramente lo stesso dna costitutivo, rappresentato dalla necessità, per i soggetti che intendano fruire dell'uno o dell'altro, di dotarsi del tax control framework. Tuttavia, non è chiaro se il TCF in argomento sia esattamente lo stesso in entrambi i casi.

Basandosi solo sul dato letterale, così non sembrerebbe: la terza delle condizioni richieste perché, a seguito di verifica e contestazioni, l'impresa goda della penalty protection apprestata a suo beneficio dallo speciale nuovo regime, prevede testualmente che «il modello [di TCF, ndr.] venga considerato idoneo in quanto rispondente ai criteri individuati dall'amministrazione in apposito provvedimento, sulla base dell'esperienza derivante dalla cooperative compliance», il che sembra sottintendere che detto modello debba essere disciplinato da un provvedimento del direttore dell’Agenzia ad hoc, ulteriore rispetto ai due già redatti e pubblicati (provvedimenti del 14 aprile 2016, n. 54237/2016 e del 26 maggio 2017, n.101573/2017) e dunque potenzialmente caratterizzato da requisiti diversi da quelli attualmente stabiliti dai provvedimenti vigenti.

Ovviamente l’opzione per questo secondo regime di Tax Compliance non darebbe accesso agli ulteriori benefici contemplati dal RAC (interpelli abbreviati, possibilità di concludere accordi preventivi e vincolanti con l’agenzia delle Entrate sulle operazioni di maggior rilievo, competenza esclusiva dell’Agenzia), ma, poiché la penalty protection penale ed amministrativa verrebbe verosimilmente a costituire il vantaggio più rilevante anche nell'ambito del RAC ex Dlgs 128/2015, è probabile che questo nuovo regime opzionale di Tax Compliance finirebbe per cannibalizzare il primo e raccogliere la preferenza di molte anche tra le imprese potenzialmente ammissibili al RAC o che vi hanno già aderito. Ciò, a meno che, in sede di conversione delle proposte in norme, non si precluda alle imprese in possesso dei requisiti di ammissione al RAC la possibilità di optare per questo nuovo regime; ipotesi questa che tuttavia non appare molto accreditabile, in particolare perché l'ipotizzato effetto di “cannibalizzazione” risulterebbe verosimilmente gradito sia all’agenzia delle Entrate, che alla Guardia di finanza: alla prima perché non sarebbe costretta a incrementare in maniera cospicua gli organici dell'Ufficio Compliance della Direzione Centrale Grandi Contribuenti, già posto sotto forte stress dalla necessità di gestire in forma dialettica la compliance con i soli 41 soggetti ammessi oggi al regime; alla seconda perché non si vedrebbe preclusa la possibilità di continuare ad esercitare le tradizionali forme di controllo nei confronti di gran parte delle imprese di maggiori dimensioni.

Se si confermasse la libertà di opzione per il tradizionale RAC o per il nuovo regime, le grandi imprese, nel valutare pro e contro di entrambe le possibilità, considererebbero verosimilmente che, a fronte della penalty protection globale, prevista in entrambi i casi, starebbero, (i) nel primo, la certezza di non trovarsi in futuro davanti a sgradite sorprese (perché il TCF adottato passerebbe attraverso la necessaria preventiva approvazione dell'Agenzia delle entrate in sede di accordo preliminare), la possibilità di beneficiare degli ulteriori vantaggi garantiti dal RAC, ma anche i maggiori oneri (non solo economici) correlati alla procedura di ammissione al RAC e alla gestione del regime, (ii) nel secondo, l’assenza di certezze sulla validità del modello (e quindi, conseguentemente, l'assenza di certezze assolute sulla disapplicazione delle sanzioni in caso di future contestazioni), ma anche i minori oneri economici e non correlati alla procedura e alla gestione del RAC, nonché una maggiore libertà di autodeterminazione.

Il dilemma, ovviamente, si porrebbe solo per le imprese dotate dei requisiti di ammissione al RAC, mentre per tutte le restanti si aprirebbero le porte solo per i nuovi regimi alternativi previsti dal Piano Colao, il secondo dei quali (la Tax compliance mirata) non pone l'obbligo di dotarsi di un tax control framework, ma quello più limitato di predisporre idonea documentazione relativa a una o più specifiche operazioni, da comunicare preventivamente all’amministrazione finanziaria con modalità definite da altro Provvedimento del direttore dell’Agenzia.

Dei tre regimi di tax compliance proposti dal Piano Colao, quest’ultimo è certamente quello dai contorni meno definiti. La scheda illustrativa predisposta dalla Commissione degli esperti non chiarisce infatti: (i) se la documentazione in argomento possa essere predisposta per qualunque tipo di operazione o solo per alcuni determinati tipi che, in questo caso, dovrebbero essere individuati da apposita norma di legge o regolamentare, (ii) se la documentazione debba essere redatta secondo un formato predeterminato (come ad esempio avviene per la documentazione in materia di prezzi di trasferimento), (iii) se la documentazione predisposta debba essere preventivamente trasmessa all'Agenzia delle entrate o ci si possa limitare a comunicarne l'esistenza e (iv) a quali condizioni la documentazione predisposta dal contribuente possa essere contestata in sede di controllo da parte dell’agenzia delle entrate o della Guardia di finanza e inibire dunque l'applicazione della penalty protection garantita in linea di principio dall’istituto.

In definitiva questo ultimo regime di Tax Compliance a contenuto discrezionale, e chiaramente alternativo ai primi due, avrebbe le caratteristiche di una forma di voluntary disclosure con forte effetto premiale. Se effettivamente fosse ammesso il ricorso ad esso per qualunque tipo di operazione è probabile che finirebbe per cannibalizzare almeno in parte l’istituto dell'interpello, ponendosi, rispetto ad esso nello stesso modo in cui il nuovo regime generale di tax compliance previsto dal Piano si pone rispetto al RAC.