Imposte

Telefisco 2025, le risposte delle Entrate sulle sanzioni

Pubblichiamo le risposte dell’agenzia delle Entrate in tema di crisi d’impresa rese note a Telefisco 2025 del 5 febbraio.

Schema di atto e ravvedimento

Le violazioni (ante 1/9/2024) contestate in uno schema di atto, ai fini del ravvedimento devono essere considerate come “constatazione” di violazioni e quindi con l’applicazione della riduzione di 1/5 sulle sanzioni minime o osservando le altre riduzioni rispetto alla data di commissione dell’illecito?

Per le violazioni commesse fino al 31 agosto 2024 è consentito il ravvedimento senza alcun limite anche in presenza di uno schema d’atto fatta salva l’applicazione delle percentuali variabili in funzione del momento in cui viene effettuata la regolarizzazione della violazione.

Si applicano, invece, alle sole violazioni commesse dopo il 1° settembre 2024 le disposizioni contenute nell’articolo 13, lettere b-ter), b-quater) e b-quinquies) del Dlgs n. 472 del 1997, che disciplinano, rispettivamente, il ravvedimento in ipotesi:

i) di schema d’atto senza un processo verbale di constatazione,

ii) di processo verbale di constatazione e

iii) di schema d’atto dopo il processo verbale di constatazione

Schema di atto e sospensione feriale dei termini

Il periodo concesso dall’ufficio (di norma 60 giorni) per formulare osservazioni rispetto alle contestazioni contenute nello schema di atto è sospeso nel meso di agosto?

Lo Statuto del contribuente all’art. 6-bis prevede che, ad esclusione degli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato.

Per consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente lo schema di atto, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.

In merito al quesito in esame si rappresenta innanzitutto che lo schema d’atto, non essendo un atto impositivo autonomamente impugnabile, esula dall’applicazione dell’articolo 1, comma 1, della legge n. 742 del 1969, che stabilisce la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale dal 1 al 31 agosto.

Risulta invece applicabile l’articolo 37, comma 11-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, che nell’ultimo periodo prevede la sospensione dal 1° agosto al 4 settembre dei termini per la trasmissione dei documenti e delle informazioni richiesti ai contribuenti dall’agenzia delle Entrate.

Termine presentazione istanza di adesione

Ai sensi dell’articolo 6, comma 2 bis (secondo periodo) del decreto legislativo 218/1997, il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione nei quindici giorni successivi alla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica ovvero dell’atto di recupero, che sia stato preceduto dalla comunicazione dello schema di atto. Si chiede se tale termine di 15 giorni debba considerarsi perentorio o comunque il contribuente può presentare valida istanza di adesione anche successivamente (ma comunque prima della scadenza per proporre ricorso).

Per recepire compiutamente il contraddittorio preventivo nell’ambito del procedimento di accertamento, è stato previsto un intervento di coordinamento legislativo tra l’articolo 6-bis dello Statuto del contribuente e il decreto legislativo n. 218 del 1997.

In particolare, il legislatore ha rimodulato la disciplina dell’accertamento con adesione, anche con riguardo alla tempistica diversificata per presentare istanza di adesione a seconda delle scelte effettuate dal contribuente (osservazioni; inerzia; istanza di adesione) destinatario di uno schema d’atto.

Tra le modifiche apportate al Dlgs n. 218 del 1997 figura anche l’introduzione del comma 2-bis all’articolo 6, che, al secondo periodo, stabilisce che il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione nei quindici giorni successivi alla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica ovvero dell’atto di recupero, che sia stato preceduto dalla comunicazione dello schema di atto.

Considerato il contesto normativo sopra delineato e in particolare la previsione recata dal primo periodo del medesimo comma 2-bis dell’articolo 6, che riconosce al contribuente la possibilità di presentare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema d’atto, e tenuto conto, altresì, dell’esigenza di non dilatare ulteriormente i termini entro i quali deve concludersi il procedimento di accertamento, si ritiene che il citato termine di 15 giorni, indicato nel secondo periodo del comma 2-bis del predetto articolo 6, sia da ritenersi perentorio,

Pertanto, non può considerarsi valida l’istanza di accertamento con adesione presentata dal contribuente successivamente ai 15 giorni dalla notifica dell’atto impositivo (anche se presentata, comunque, prima della scadenza del termine per proporre ricorso), perché la stessa risulterebbe presentata oltre il termine perentorio previsto dalla normativa.

Costo indeducibile e reverse charge: sanzione ai fini Iva

Se un costo trattato ai fini Iva in regime di reverse charge viene ritenuto non inerente (ma esistente), può essere ripresa a tassazione anche l’Iva o tale contestazione concerne solo i casi di fatture inesistenti (ex articolo 6, comma 9 bis 1, e seguenti decreto legislativo 471/1997)?

Preliminarmente, si precisa che la sanzione applicabile nell’ipotesi di indebita detrazione Iva è quella di cui al comma 6 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 471 del 1997 e non, invece, quella di cui al successivo comma 9-bis 1, che riguarda la sanzione applicabile nell’ipotesi in cui l’imposta sia stata erroneamente assolta in via ordinaria dal cedente o prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge.

Ciò posto, nell’ipotesi di operazione esistente da assoggettare al regime del reverse charge, ma con Iva indetraibile in quanto non inerente, si ritiene che debbano essere applicati i medesimi principi di detraibilità delle operazioni assoggettate ad Iva in regime ordinario, di cui all’articolo 19 e seguenti del Dpr n. 633/1972.

In particolare, si ricorda che ai sensi dell’articolo 19 del Dpr n. 633 del 1972, «per la determinazione dell’imposta dovuta …. è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione».

Al riguardo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 140/2022, ha ribadito che l’assolvimento dell’Iva sull’operazione mediante il meccanismo dell’inversione contabile non altera i principi sottesi all’esercizio del diritto alla detrazione da parte del cessionario, tra cui quello di inerenza, in base al quale i beni o servizi devono essere utilizzati ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta. In altre parole, il diritto alla detrazione che deriva dall’annotazione dell’Iva nel registro degli acquisti, presuppone comunque che vi siano le condizioni sostanziali – tra le quali anche l’inerenza dell’operazione – per fruirne e, qualora ne sia accertata l’insussistenza, comporta la ripresa della somma portata in detrazione, ferma, per contro, l’imposta dovuta.

Sospensione rimborso Iva in presenza di un PVC

Secondo l’articolo 23 del decreto legislativo n. 472/97 nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. È possibile una simile sospensione sulla base esclusivamente del Pvc?

L’articolo 23 del decreto legislativo n. 472 del 1997 dispone che:

«1. Nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all’atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo.

2. In presenza di provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito».

La citata disposizione stabilisce che se l’autore di una violazione vanta un credito verso l’amministrazione finanziaria, il pagamento di quest’ultimo può essere sospeso. Con riferimento alla possibile sospensione del rimborso Iva «sulla base esclusivamente del Pvc», la Circolare n. 19/E dell’11 agosto 1993, ha chiarito che «nel concetto di carico pendente rientrano gli accertamenti, le rettifiche, le irrogazioni di sanzioni, i processi verbali notificati e ogni altra pendenza risultante dalle informazioni dell’Anagrafe Tributaria o da altri elementi esistenti in ufficio per i quali, a norma dell’art. 69 del Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, della contabilità generale dello Stato, è prevista la sospensione del pagamento (…). In presenza di carichi pendenti l’ufficio provvede a comunicare al contribuente la sospensione temporanea del rimborso e lo invita a definire le pendenze o, in alternativa, a garantirle a tempo indeterminato con apposita fideiussione o equivalente garanzia. La garanzia deve essere commisurata alle ragioni di credito vantate dall’Amministrazione per quanto concerne il tributo, gli interessi le pene pecuniarie e le soprattasse nella misura edittale massima ove non sia stato emesso il relativo provvedimento di irrogazione, fino a concorrenza dell’importo rimborsabile, qualora questo risulti minore del credito vantato dall’amministrazione (vedasi R.M. n. 601584 del 24.10.90 e R.M. n. 445319 del 29 luglio 91)».

Ne deriva, dunque, che il rimborso del credito può essere sospeso anche in presenza di un Pvc.

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