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Territori montani, il Comune non può derogare all’esenzione Imu

Le Finanze raccolgono i principali rilievi portati alle delibere comunali in materia di aliquote Imu

L’esenzione riconosciuta ai terreni ubicati in territori montani non è derogabile con delibera comunale. I fabbricati rurali strumentali non possono essere assoggettati a Imu con una aliquota superiore allo 0,1 per mille e non possono essere previsti requisiti ulteriori rispetto a quelli desumibili dalla normativa nazionale per definire la ruralità.

Si tratta di alcuni dei chiarimenti contenuti in un documento del dipartimento delle Finanze e che contiene una raccolta dei principali rilievi formulati nell’ambito dell’attività di esame dei regolamenti e delle delibere di approvazione delle aliquote Imu redatti dai Comuni.

Come si legge nel comunicato delle Finanze che accompagna il documento, la raccolta è stata elaborata con lo scopo di fornire uno strumento utile, in fase di predisposizione dei regolamenti da parte dei comuni, affinché l’autonomia regolamentare concessa agli enti venga esercitata nel rispetto dei limiti posti dalla normativa nazionale.

Nel documento, in sostanza, il Mef rileva alcuni comportamenti tenuti dai Comuni nei regolamenti che non sono legittimi in quanto in contrasto con la normativa nazionale.

In particolare, per quanto riguarda i terreni agricoli, viene analizzato il caso di un Comune inserito nell’elenco della circolare del ministero delle Finanze 9 del 14 giugno 1993 e non classificato come «Pd» (parzialmente delimitato) che, nella propria delibera aveva previsto un’aliquota specifica per i terreni agricoli.

Secondo il Mef, tale comportamento è censurabile in quanto contrario all’articolo 1, comma 758 della legge 160/2019 che prevede l’esenzione per i terreni ubicati in uno dei comuni qualificati come “montani” dalla circolare 9/1993.

Altro esempio di comportamento non conforme è quello di un Comune che nella propria delibera aveva ritenuto che nel caso di comproprietà, la «finzione giuridica» di cui al comma 741, lettera d) della legge 160/2019, che consente di qualificare come «agricola» un’area edificabile posseduta e condotta da un coltivatore diretto (Cd) o da un imprenditore agricolo professionale (Iap), si applichi solo nei confronti dei proprietari in possesso della qualifica e non di tutti.

Nel documento, il Mef ricorda che la risoluzione 2/DF del 2020 aveva già chiarito che questa agevolazione è “oggettiva”, legata al terreno e che quindi non può che operare nei confronti di tutti i proprietari. In questa ipotesi, il proprietario Cd o Iap potrà godere dell’esenzione, gli altri invece pagheranno l’Imu a meno che non ricadano in un’altra ipotesi di esenzione.

Infine, per quanto riguarda i fabbricati rurali strumentali, il Mef ricorda che i requisiti per poter definire tale un fabbricato sono quelli contenuti nell’articolo 9, comma 3-bis, Dl 557/1993 e che i comuni non possono prevederne altri.

In tal senso viene rilevato come non coerente con la normativa nazionale la delibera di un comune che, per poter considerare come rurale un fabbricato, richiedeva la presenza di un reddito di lavoro derivante da una attività agricola. Non coerente anche il comportamento del Comune che prevede per i fabbricati rurali un’aliquota superiore allo 0,1 per mille: tale misura è quella massima e ai comuni è data facoltà solo di azzerarla.