Imposte

Terzo settore esente Iva al test di non commercialità

Per valutare la spettanza diventerà fondamentale l’inquadramento dell’ente. Per i nuovi regimi si attende l’approvazione della Commissione Ue

di Raffaele Rizzardi e Gabriele Sepio

Trattamento Iva delle attività statutarie degli enti del terzo settore (Ets) con percorso ad ostacoli. Il quadro che emerge dall’analisi delle varie disposizioni contenute nel decreto Iva è piuttosto eterogeneo e con l’avvio del nuovo Registro unico nazionale del terzo settore (Runts) diventa necessario chiarire l’applicabilità dei diversi regimi. Gli Ets, infatti, possono rendersi beneficiari di misure di vantaggio o forme di esenzione a seconda della qualifica fiscale (ente commerciale o non commerciale del terzo settore) o civilistica (impresa sociale o altro ente del terzo settore). La riforma del terzo settore sotto questo punto di vista introduce alcune novità importanti con riferimento al trattamento Iva previsto all’articolo 10 del Dpr 633/1972 destinate tuttavia ad entrare in vigore solo dopo il placet della Commissione Ue.

Da quel momento il riferimento alla qualifica di Onlus contenuto nell’articolo 10, numero 15, 19, 27-ter, del Dpr 633 verrà sostituito con quello di «Ets non commerciali» con conseguenze per gli enti non profit che prestano la propria attività nei settori interessati dalla modifica.

Per valutare la spettanza o meno dell’esenzione, fondamentale sarà l’inquadramento dell’ente come fiscalmente commerciale o meno, attraverso il duplice test dell’articolo 79 del Dlgs 117/2017 (Cts).

Si pensi ad una Fondazione Onlus che svolge attività di assistenza domiciliare o ambulatoriale in favore di tossicodipendenti. Se ad oggi, beneficia del regime di esenzione Iva previsto dall’articolo 10, numero 27-ter, la «ex onlus» nel caso in cui scelga di iscriversi nella sezione residuale del Runts dedicata ad altri enti del Terzo settore potrà certamente beneficiare dell’esenzione in oggetto se si qualifichi come Ets non commerciale. In caso contrario, dovrà rientrare in una delle altre categorie soggettive indicate dall’articolo 10. In altri termini, si dovrà qualificare o come «organismo di diritto pubblico» o istituzione sanitaria riconosciuta o altro ente avente carattere di assistenza sociale.

Un tema che si pone anche per le imprese sociali soprattutto a fronte di talune interpretazioni restrittive dell’agenzia delle Entrate (risposta 475/2021). Si pensi all’ipotesi in cui questo tipo di enti svolgano prestazioni socio-sanitarie/assistenziali. Il richiamo agli «altri del terzo settore di natura non commerciale» contenuto all’articolo 10, numero 27-ter, del Dpr 633, se non accompagnato da un’interpretazione corretta legata alle altre qualifiche soggettive ammesse all’esenzione sopra indicate, rischia di attrarre nel regime impositivo Iva con aliquota del 22% le attività svolte dalle imprese sociali in questo ambito. Un contesto, quello evidenziato, che sembrerebbe richiedere una attività di coordinamento legislativo o interpretativo per non penalizzare gli Ets in funzione della qualifica fiscale che assumeranno. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di estendere l’esenzione di cui all’articolo 10, numeri 15), 20) 19), 27 ter) a tutti gli Ets, comprese cooperative sociali ed imprese sociali (escluse quelle in forma societaria). In alternativa quella di uniformare l’interpretazione della prassi ammettendo le imprese sociali alle altre qualifiche soggettive previste dalle norme (si veda scheda nella pagina).

Altra questione riguarda le coop sociali per le quali la qualifica di impresa sociale di diritto non fa scattare un cambiamento nel loro regime Iva. Resta ferma, l’applicazione dell’aliquota del 5% in caso di svolgimento di prestazioni sanitarie, sociosanitarie, di assistenza domiciliare, educative e didattiche in genere rese nei confronti dei soggetti indicati all’articolo 10, comma 1, numero 27 ter) del decreto Iva (anziani inabili). Un trattamento questo che si potrebbe estendere alle imprese sociali per le quali non è prevista una specifica aliquota agevolata ma che dovrà essere valutata attentamente in termini di convenienza, specie per quegli enti che svolgono esclusivamente attività esenti e non possono detrarre l’Iva sui loro acquisti.

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