Tfm agli amministratori: no a limitazioni predeterminate sulla deducibilità
La Cassazione penale afferma che la deducibilità del trattamento di fine mandato (Tfm) per gli amministratori non è soggetta a limitazioni predeterminate.
La Cassazione penale 28171 del 27 giugno 2019, per la prima volta, in assenza di pronunce di legittimità della Cassazione civile, si pronuncia sulla congruità dell’importo stabilito per il Tfm confermando l’ordinanza del Tribunale che statuiva «che il compenso annuale erogato all’amministratore non era l’unico parametro utilizzabile per valutare la congruità del Tfm (dovendo utilizzarsi anche quello del volume d’affari della società (…)» e, dunque, ritenendo «non provato che il residuo accantonamento per Tfm possa ritenersi incongruo e possa dunque essere valorizzato quale elemento passivo fittizio, dichiarato in violazione dell’articolo 109, comma 5, del Tuir».
Il Trattamento di fine mandato viene civilisticamente ricondotto nella nozione di «compenso» lato sensu spettante agli amministratori di società, per il quale non vi sono disposizioni che ne regolino la misura e la modalità di attribuzione e calcolo, essendo il tutto demandato alla discrezionalità dei soci.
Sul piano fiscale è ammessa, da un lato, la deduzione per competenza degli accantonamenti al fondo Tfm dall’articolo 105, comma 4, del Tuir, a condizione che esista un idoneo atto precedente che ne determini la spettanza e la quantificazione (ciò, in deroga al principio di cassa che di regola presiede la deducibilità dei compensi degli amministratori ex articolo 95, comma 5, del Tuir) e, dall’altro lato, la deduzione per cassa dell’ammontare eventualmente corrisposto agli amministratori in eccesso rispetto al fondo deducibile e dedotto ex articolo 105, comma 4, del Testo unico.
Non sono tuttavia infrequenti le contestazioni riguardanti la misura del Tfm basate sul principio di inerenza. Su questo aspetto, la sentenza della Cassazione penale in commento – secondo cui la deducibilità del Tfm non è soggetta a limitazioni predeterminate – costituisce un’importante linea di demarcazione tra le due tesi attualmente esistenti.
Nello specifico, la Suprema Corte ha espresso preferenza per la tesi – già sostenuta da Ctr Lombardia 864 e 3749 del 2018, Ctp Lecco 164 del 2017, Ctr Veneto 196 del 2016 e Ctr Lazio 25 del 2012 – secondo cui gli importi del Tfm sono rimessi alla libera volontà delle parti, senza che siano contestabili in punto di inerenza. Non è stata, al contrario, accolta l’altra tesi, pure avallata da taluna giurisprudenza di merito (Ctr Lombardia 3795/2019 e 1823/2016; Ctp Treviso 268/2018, Ctr Lazio 4375/2018 e Ctr Campania 10730/2015), secondo cui le disposizioni fiscali imporrebbero alla deducibilità del Tfm le medesime limitazioni previste per l’accantonamento di fine rapporto di lavoro dipendente (Tfr).
La Cassazione penale ammette dunque chiaramente la possibilità di «parametrare» il Tfm a indicatori di vario genere, tra i quali include senza dubbi il fatturato, negando che la normativa tributaria ponga vincoli in tal senso e accogliendo, sostanzialmente, la tesi – già propugnata dalla Cassazione civile nella recente sentenza 2867 del 2019 e nelle tre sentenze 450, 3179 e 18904 del 2018 – per cui la congruità del costo perde il ruolo di fattore decisivo per accertarne l’attinenza al reddito d’impresa (la cui prova grava sul contribuente) per divenire eventualmente sintomo di estraneità della spesa rispetto al reddito d’impresa (la cui prova grava sull’amministrazione finanziaria).
Per approfondire: Trattamento di fine mandato degli amministratori: deduzione solo con atti di data certa, in Norme&Tributi mese dicembre 2019