Imposte

Trasferte in auto, gestione dei rimborsi con regole ad hoc per distanze e tragitti

La partenza dall'abitazione del lavoratore potrebbe influire sulla tassazione

AdobeStock

di Stefano Sirocchi

Le trasferte con partenza dall’abitazione, il pagamento dei ticket per il parcheggio, i costi sostenuti e non documentati (entro certi limiti) e altre casistiche molto comuni di rimborsi spese beneficiano di un trattamento fiscale vantaggioso, ma seguono regole particolari non sempre conosciute e applicate.

Prendiamo i rimborsi auto. Nell’alternanza tra smart working e ufficio accade di frequente che i lavoratori che usano la propria autovettura per le trasferte partano dall’abitazione anziché dalla sede di lavoro. Inoltre, benché la disciplina dei rimborsi chilometrici sia la medesima, ci sono delle differenze se il lavoratore è un dipendente, un collaboratore o un amministratore.

Secondo l’articolo 51, comma 5, del Tuir, non concorrono a formare il reddito di lavoro i rimborsi chilometrici per le trasferte fuori del territorio comunale che siano idoneamente documentati. Non è necessario che il datore di lavoro rilasci un’autorizzazione scritta per la missione; tuttavia – è bene sottolinearlo – i rimborsi non possono essere forfettari, ma vanno quantificati in relazione al tipo di veicolo usato, alla distanza percorsa e agli importi contenuti nelle specifiche tabelle Aci (diversi da quelle per il calcolo del fringe benefit per le auto assegnate promiscuamente).

Dal punto di vista degli adempimenti, il datore di lavoro potrà documentare i rimborsi chilometrici con schede elaborate anche su base mensile, contenenti i chilometri percorsi nel mese, il tipo di automezzo usato dal dipendente e l’importo corrisposto a rimborso del costo chilometrico dedotto dalle tabelle Aci (Cassazione 20 febbraio 2012, n. 2419).

Con riferimento al tragitto, nel caso in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere la località di missione partendo dalla propria residenza risultasse maggiore rispetto a quella con partenza dalla sede di lavoro, e al lavoratore venisse erogato, in base alle tabelle Aci, un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato sulla percorrenza sede di lavoro-località di missione, l’eccedenza costituirebbe reddito imponibile per il dipendente. Viceversa, se la distanza fosse minore, il rimborso sarebbe completamente esente da tassazione (risoluzione 92/E/2015).

Le differenze tra lavoratori
Stante la centralità della nozione di “sede di lavoro”, al fine di determinare se la trasferta è fuori dal territorio comunale o meno, è opportuno domandarsi se vi siano differenze tra lavoratori dipendenti e collaboratori. Per i dipendenti la sede di servizio è indicata nella lettera di assunzione o nel contratto di lavoro, con l’eccezione dei trasfertisti che, per definizione, sono tenuti a svolgere la prestazione in luoghi sempre variabili.

Nel caso dei collaboratori, invece, non sempre è possibile determinare contrattualmente la sede di lavoro e non si può neppure farla arbitrariamente coincidere con quella dell’impresa. In tal caso bisogna fare riferimento al domicilio fiscale del collaboratore. Lo stesso principio si applica anche agli amministratori di società, sempreché all’atto della nomina non sia stata specificata una diversa sede di lavoro (paragrafo 5.3, circolare 7/E/2001).

Nel territorio comunale
Peraltro, i rimborsi chilometrici per le trasferte all’interno del territorio comunale, nonché qualsiasi indennità della stessa natura relativa al normale percorso casa-lavoro, non rientrano in alcuna delle fattispecie esenti da tassazione. Infatti, il comma 5 dell’articolo 51 del Tuir dispone che sono imponibili «le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore».

A tal proposito, come confermato dalle Entrate (risoluzione 83/E/2016), non concorrono alla formazione del reddito i rimborsi per taxi e per il servizio di car sharing anche per le trasferte all’interno del territorio comunale. Infatti, analogamente al servizio di taxi, anche per il servizio di car sharing il corrispettivo dovuto è quantificato in ragione dell’effettivo utilizzo del veicolo: cioè in base alla durata e ai chilometri percorsi.

Inoltre, le società di car sharing emettono fatture del tutto paragonabili, per analiticità e dettagli, ai documenti predisposti dai conducenti dei taxi. Per tale motivo, si ritiene che anche le spese relative all’uso di monopattini elettrici condivisi seguano le stesse regole delle vetture in car sharing.

I casi pratici risolti

Trasferte con partenza da casa
Una società invia spesso i propri dipendenti fuori città e rimborsa loro le indennità chilometriche in base alle percorrenze effettuate, secondo le tabelle Aci. Tuttavia, molti di questi lavoratori non partono dalla sede dell’azienda ma dalla propria abitazione.
Se la distanza “casa–località di trasferta” è inferiore a quella “sede di lavoro–località di trasferta”, non vi è imponibilità del rimborso chilometrico. Viceversa, se la prima distanza supera la seconda, l’esenzione vale nei limiti di quest’ultima.

Sharing di auto e monopattini elettrici
In aggiunta al servizio di car sharing, un’impresa utilizza la condivisione dei monopattini elettrici per gli spostamenti dei dipendenti che devono raggiungere la sede distaccata dell’azienda, non troppo distante dalla sede principale.
Fiscalmente il servizio di car sharing è equiparabile al servizio di taxi: quindi le relative spese sono completamente deducibili per l’azienda e non imponibili in capo al dipendente.
Stesse regole dovrebbero valere anche per i monopattini condivisi.

Costi non documentati
I dipendenti in trasferta che utilizzano il sistema di rimborso analitico (a “piè di lista”) raccolgono tutte le ricevute e le fatture delle spese sostenute per ottenere il rimborso.
Di alcune spese, però, non si ha la documentazione (mancia al fattorino, al concierge, eccetera).

È prevista una soglia di esenzione fiscale per le spese sostenute ma non documentate, pari a 15,49 euro al giorno per le trasferte nazionali (ma comunque extra-comunali) e di 25,82 euro per quelle estere. Le spese, tuttavia, devono essere attestate dal dipendente.

Spese del parcheggio
In occasione di trasferte fuori dal territorio comunale, i dipendenti sostengono spese documentate relative al parcheggio dell’autovettura utilizzata ai fini di servizio: sia quando il veicolo è di loro proprietà, sia quando invece è aziendale.
Nei casi di rimborso analitico, il rimborso del parcheggio rientra tra le “altre spese” (in aggiunta a quelle di viaggio, trasporto, vitto e alloggio) non tassabili in capo al dipendente fino all’importo di 15,49 euro al giorno (25,82 per le trasferte all’estero).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©