Controlli e liti

Trust, tassazione ancora in bilico sull’atto di dotazione

di Angelo Busani

Continua senza sosta l’altalena giurisprudenziale in ordine alla tassazione dell’atto di dotazione del trust: ultima puntata in ordine di tempo è la sentenza della Ctr Lazio 1518/01/2018.

Secondo questa pronuncia, con tale atto si «determina la costituzione di un vincolo di destinazione su beni conferiti dal disponente che, in quanto si traduce in un sostanziale arricchimento del beneficiario» (nella fattispecie si trattava di un trust preordinato alla trasmissione generazione del patrimonio vincolato in trust) «rappresenta – di per sé e, perfino, indipendentemente dall’individuazione di un beneficiario – autonomo presupposto impositivo» per l’applicazione dell’imposta di donazione.

In questa sentenza si ritiene, dunque, che l’imposta di donazione debba essere applicata per il solo fatto che, mandando determinati beni in un trust, si istituisce per essi un vincolo di destinazione, senza che ancora si realizzi l’arricchimento di alcun soggetto (né del trustee che riceve i beni solo per gestirli secondo le istruzioni del settlor, né del beneficiario del trust che otterrà la proprietà dei beni in trust solamente quando cesserà il vincolo del trust).
La sentenza, insomma, si schiera nel filone (sposato dall’Amministrazione con le circolari n. 48/E-2007 e n. 3/E-2008) minoritario della giurisprudenza di merito, ma maggioritario in Cassazione: infatti, se si osserva quanto risulta dalle banche dati e dalle riviste specializzate dal 2010 in avanti (la ricerca in epoca precedente rischia di essere inquinata dal fatto che solo dalla fine del 2006 vige l’imposta di donazione nella sua attuale versione e, cioè, applicabile anche all’istituzione di vincoli di destinazione) e se si ipotizza che la situazione sia stata correttamente censita, si contano 97 sentenze di primo e di secondo grado favorevoli a non considerare l’atto di dotazione come una manifestazione di capacità contributiva, mentre sono 24 le sentenze (ultima, appunto, la n. 1518 di Ctr Lazio) in cui si sostiene il contrario.

In Cassazione si è invece verificato l’esatto contrario: in cinque occasioni (le ordinanze 3735/15, 3737/15, 3886/15 e 5322/15 e la sentenza 4482/16) la Corte ha ritenuto l’atto di dotazione del trust come un presupposto d’imponibilità mentre, nell’ultimo episodio (la sentenza 21614/2016) la giurisprudenza di legittimità pare aver svoltato, ritenendo che, al vincolo impresso su immobili e partecipazioni societarie mediante l’istituzione di un trust, non si applica la tassazione proporzionale per i trasferimenti gratuiti (ma quella in misura fissa) in quanto non si ha, in tal caso, un trasferimento di beni e diritti, ma “solo” un effetto segregativo del bene vincolato in trust rispetto al patrimonio generale del soggetto disponente; la tassazione proporzionale è, invero, da rimandare al momento in cui i beni vincolati in trust saranno trasferiti ai beneficiari del trust stesso.

Si tratta ora di attendere la prossima mossa della Cassazione per verificare se la sentenza 21614 sia un fuoco fatuo o il primo episodio di una nuova stagione giurisprudenziale: quest’ultima ipotesi pare essere preannunciata dal fatto che la recente sentenza n. 975/2018 (replicando quanto deciso nella precedente sentenza n. 25478/2015), pur emanata con riferimento a fattispecie sorta anteriormente al dl 262/2006 (convertito in legge 286/2006) che ha re-istituito l’imposta di donazione estendendola anche ai vincoli di destinazione, ha chiaramente affermato che, con l’atto di dotazione del trust, non si arricchisce alcun soggetto, ma si affidano momentaneamente taluni beni a un trustee affinché questi li gestisca per la realizzazione dello scopo indicato dal disponente: e che pertanto non può applicarsi all’atto di dotazione del trust la tassazione propria degli atti che hanno un effetto patrimoniale.

Ctr Lazio, sentenza 1518/01/2018

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